venerdì 19 luglio 2013

Paolo Borsellino: La memoria si deve nutrire dell’impegno quotidiano di tutti

C’è uno strano alone che circonda il ricordo della morte di un uomo di giustizia quale era Paolo Borsellino.











 E’ una fitta nebbiolina fatta di recriminazioni, di accuse, di protagonismi, di biechi lavaggi di coscienze, di stucchevoli conteggi numerici sulle presenze, di passerelle forzate e di passerelle mancate, una fuliggine in grado di occultare il vero lascito di un magistrato intento a compiere il proprio dovere, consapevole dei rischi e delle trappole che avrebbero potuto strappargli prematuramente la vita, un diversivo che distoglie anche gli sguardi più attenti dal vero punto di interesse: le "ragioni", le responsabilità e i colpevoli della morte di un cittadino che, al di là della propria fine violenta e drammatica, non è possibile definire in altro modo se non “eroe civile d’Italia”.

Sono passati 21 anni dal 19 luglio 1992, un brevissimo istante di tempo se paragonato alla storia della mafia in Italia, un’eternità se si considera quante siano ancora le verità da scoprire affinché si possa tornare a pronunciare, senza vergogna o spudoratezza, la parola “giustizia”. E’ sono stati 21 anni di menzogne, di colpevoli in libertà, di assassini senza macchie e di leve del potere imbrattate con il sangue di mani abituate ai polimeri dei grilletti, al tritolo degli esplosivi, alla filigrana delle banconote.

21 anni di "segreti di stato" che si confondono e coincidono con i “segreti dell’anti-stato”. L’agenda rossa di Paolo Borsellino non esiste oggi come allora, di agenti dei servizi segreti con la “faccia da mostro” rimane solo il soprannome. Le responsabilità dello Stato nella guerra dichiarata contro sé stesso restano sepolte sotto una coltre nera ancora da spazzare.

Come ogni anno, del ricordo della morte di un magistrato eccellente, alla fine dei conti, non resta altro che il consueto battibecco sui successi e i flop delle manifestazioni, le polemiche sulle partecipazioni istituzionali e le dichiarazioni di rito delle massime autorità politiche e istituzionali.

Il ricordo di Paolo Borsellino sembra ridursi a questo, ad un immarcescibile teatrino della polemica da rinnovare anno dopo anno. Un teatrino utile e funzionale, in grado, con le proprie battute altisonanti, di distogliere l’attenzione su come la pratica di delegittimazione dei magistrati scomodi di un tempo per mezzo di fantomatiche etichettature politiche (“Falcone comunista”, “Falcone socialista martelliano”, “Borsellino missino”) sia tornata ad essere impiegata con maggior vigore oggi, su come l’utilizzo dei collaboratori di giustizia (il vero asso nella manica del pool antimafia nella lotta a Cosa Nostra) sia divenuto con il tempo una “odiosa abitudine” piuttosto che una “misura necessaria”, su come leggi improponibili a quel tempo come la limitazione al potere d’indagine dei magistrati oggi venga annunciata da molti come una “straordinaria rivoluzione”.

Ma come dichiarato oggi da Rita e Salvatore Borsellino  “La memoria si deve nutrire dell’impegno quotidiano di tutti e non solo una volta l’anno”. Siamo noi, cittadini comuni che dobbiamo impegnarci ogni giorno per la libertà, quella stessa libertà che ci hanno restituito uomini come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone insieme al sacrificio della vita di tanti agenti della scorta.

A ventun’anni dalla scomparsa di Paolo Borsellino la mafia sembra essersi affievolita, ma in realtà ha rafforzato le infiltrazioni nei palazzi del potere e non ha più bisogno di dimostrare la sua potenza con attentati fragorosi e questo farebbe pensare ad un rapporto Stato-Mafia di quiete convivenza, garantito dalla mancanza di una vera intenzione delle Istituzioni di combattere la malavita organizzata.

Dopo ventuno anni la verità sulla sua morte, e sul rapporto Stato-Mafia, rimane offuscata da una fitta nebbia che non si riesce a diradare o, più tristemente, non si vuole diradare, ma, se può consolare, buona parte dell’opinione pubblica non ha più paura di mostrare la propria ostilità nei confronti della Mafia. 

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