sabato 10 novembre 2012

Tasse, Pmi sono costrette a "sborsare" circa 3 miliardi di euro l'anno

In Italia  si pagano tante e troppe tasse. Nel corso degli anni la pressione fiscale, cioè il rapporto tra le imposte e i contributi pagati da tutti i contribuenti e la ricchezza prodotta, il cosiddetto PIL, è costantemente cresciuta. 





Nel 2012 la pressione fiscale dovrebbe attestarsi al 45,1% del PIL: in altre parole, per ogni 100 euro cha la 'famiglia' Italia percepisce, 45,1 vanno allo Stato e solo 54,9 rimangono in tasca per vivere. Si tratta di un record assoluto, di gran lunga superiore al precedente primato (43,4%) fatto registrare nel 1997, l’anno dell’applicazione dell’eurotassa e delle misure straordinarie per entrare nell’Euro. Il confronto con gli altri Paesi è impietoso e ci permette di affermare non solo che i contribuenti e le imprese italiane pagano molto, ma anche che pagano di più dei loro omologhi europei per avere in cambio di meno.

Per rendersene conto è sufficiente confrontare la pressione fiscale italiana con quella di Paesi a noi simili, considerando, nel contempo, anche la spesa per la protezione sociale che gli Stati erogano a favore dei propri cittadini.  La manovre correttive che si sono succedute prima dell’estate del 2011 si collocano in questo quadro di elevata pressione fiscale e il loro obiettivo rimane sempre il medesimo: portare in pareggio il bilancio dello Stato. Per raggiungere questo obiettivo si è agito prevalentemente dal lato delle entrate, ovvero con maggiori tasse; tuttavia, anche alcune riduzioni di spesa hanno fatto sentire i loro effetti negativi sulle tasche dei cittadini (minori trasferimenti agli enti locali, tagli alla sanità, ai trasporti, etc.).

La stessa Imu, che è stata introdotta quest’anno, dal 2013 diventerà più pesante: il suo gettito complessivo passerà dai 21,4 miliardi di euro, ai 21,7 del 2013, per arrivare, nel 2014, a 22,1 miliardi di euro. Nel 2013 l’aggravio lo subirà, in particolar modo, il mondo produttivo che vedrà crescere di 270 milioni di euro il prelievo a suo carico, per effetto dell’ulteriore aumento dei coefficienti moltiplicatori (da 60 a 65) che si utilizzano per determinarne la base imponibile. A partire dal 2014, invece,  saranno le famiglie con figli a “sborsare” 400 milioni di euro in più di IMU, in quanto non potranno più usufruire della ulteriore detrazione di 50 euro per ogni figlio convivente di età inferiore a 26 anni.

Se nel prossimo futuro il gettito dell’Imu è destinato a confluire interamente nelle casse dei Comuni, ciò farà sì che il gettito sarà destinato ad aumentare o a diminuire a seconda delle scelte autonome di questi ultimi. Tuttavia, se nel frattempo si continuano a tagliare i trasferimenti lo scenario che rischia di prefigurarsi è già scritto: più tasse locali per tutti.

L’IMU, pertanto, è destinata a diventare a livello locale la cartina di tornasole della pressione fiscale nazionale e dello stato di salute delle finanze pubbliche. Diventerà sempre più importante amministrarne il gettito con particolare attenzione, soprattutto per non colpire le fasce sociali più deboli. Per questo ai Sindaci va chiesto, in un momento così difficile,  di gestire con oculatezza e parsimonia i soldi pubblici, risparmiandoci un inasprimento della tassazione locale che ci farebbe scivolare in una recessione  senza via d’uscita.

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