mercoledì 3 settembre 2014

Giornalisti molisani: accompagnatori di salme e titolari di pompe funebri per una regione che muore lentamente.



Più che giornalisti in questo momento chi fa questo mestiere è il becchino del Molise. Ogni giorno accompagniamo, oramai da anni con il nostro puntuale necrologio, le aziende molisane al cimitero, senza esimerci dal dare l’estrema unzione alle strutture pubbliche che periscono sotto la ghigliottina del governo. L’elenco dei morituri comincia ad esser lungo ed epidemico, e come la livella di Totò non guarda in faccia a nessuno, neanche al governatore Frattura che si stupisce di quando sta accadendo.



La dichiarazione del Ministro della Giustizia Andrea Orlando prepara il cappio al boia, di una eloquenza a cui non vi può essere tema di smentita, egli afferma: è stravagante avere nel Molise la Corte D’Appello. Nella nostra regione, ha suscitato lo stesso impatto se avesse affermato: è stravagante che le donne indossino le minigonne. Per noi è quindi scontato che una regione, se si vuol definirla tale, debba avere almeno un servizio per segmento,  invece ci chiediamo: lo Stato vuole o non vuole l’autonomia di questa regione?

Fosse solo la perdita della Corte D’Appello, ci metteremmo l’anima in pace, reciteremmo il “Gloria Patri” e forse nessuno se ne accorgerebbe, tranne gli addetti ai lavori, ma non è così. Si avvicina purtroppo la morte per i tribunali di Isernia e Larino. Si stanno estinguendo gli ospedali periferici di Venafro, Larino, Agnone e Termoli. Si avvia verso la luce eterna, la struttura mastodontica della Cattolica di Campobasso che tra qualche anno forse, sarà dormitorio per extra comunitari. Ogni singola piccola realtà comunale vede morire i conti per gestire l’ordinaria amministrazione, con uno Stato che succhia tutti i proventi, non elargendo più trasferimenti alle unità locali per una normale gestione. Si sta abbattendo la mannaia sulle Camere di Commercio che presumibilmente scompariranno. Senza considerare le ex province defunte per legge.

Quante aziende abbiamo accompagnato all’obitorio in attesa di autopsia, di giudici fallimentari e concordati preventivi, non prima di aver ordinato corone di fiori ai dipendenti in cassa integrazione, che seguono la stessa sorte posticipata di qualche anno? Dobbiamo considerare vani gli sforzi dell’attuale giunta regionale che si prodiga ad arginare l’epidemia, mentre si cerca di studiare un antidoto alla moria generale di questa terra, ed intanto  il tempo scorre inesorabile e trascina con se tutto e tutti? Si confida, da religione cattolica consolidata nel Dna degli abitanti, in un miracolo del Santo redivivo “Matteo”, si ignora che egli in vita, prima della chiamata del Cristo negli apostoli era un “esattore delle tasse”, questo piccolo particolare non giova a favore di un ottimismo smisurato nel giovane apostolo dell’ultima Italia repubblicana.

Ed è proprio delle tasse, la responsabilità dei decessi delle nostre aziende, mentre al “Matteo”,  che protegge gli immigrati e strozza gli italiani istigandoli  al suicidio, il Vaticano ritirerà il titolo di Santo. Sarà conosciuto d’ora innanzi solo con il cognome “Renzi”, mentre perdiamo progressivamente quella fede nella nostra terra che matrigna, ripudia i suoi figli costretti all’esodo.  

P.T.

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