Le province verranno abolite. Il primo lasciapassare del Senato
è stato espresso ieri, ma secondo un disegno penalizzante per i territori
periferici, sono solo le città metropolitane a trarne vantaggi. È insita in una
legge, la Delrio, che ha decretato la distruzione dell’autonomia di enti che
funzionavano nella gestione ordinaria e straordinaria dei territori, con la
finalità di risparmio di risorse economiche che invece non ci sarà.
Le uniche vere riduzioni e penalizzazioni, saranno a carico
di province quali per esempio le nostre, Isernia e Campobasso a vantaggio delle
nuove province metropolitane, a cui saranno indirizzate risorse maggiori e
spese governative anche superiori a quelle previste per la gestione degli enti
provinciali fino ad oggi.
Cosa si cela in questa scellerata legge è ovvio intuirlo: rafforzare
il peso politico delle grandi città, per un maggiore controllo dei voti:
ridurre le periferie alla desertificazione e alla povertà.
Lo intuiscono i presidenti, assessori e consiglieri
provinciali delle piccole province di periferia, le più numerose, le più
incisive nei loro territori di appartenenza, le più bersagliate da questo nuovo
“asset” di riforma costituzionale.
Per la crisi in corso, cittadine come Isernia, avranno un
peso politico ancora più iniquo, risorse ridotte al lumicino, da non garantire
nemmeno, come già sta accadendo, la pulizia e manutenzione delle strade, le
risorse per esempio, utili per l’acquisto di carburante per il riscaldamento
delle scuole, o per il servizio sgombro neve etc.etc.
Con la cancellazione delle province minori, tanti impiegati
perderanno il loro posto di lavoro, per i tagli obbligati, sempre dai mancati
trasferimenti dello Stato. Territori come la pentria, vedranno svilire il
patrimonio immobiliare, le competenze istituzionali confluire solo
nell’accentramento del potere prefettizio e ridurre drasticamente il personale
delle forze dell’ordine. Tutto quel lavoro indefesso, portato a termine per
arginare fenomeni malavitosi da regioni confinanti a rischio, sarà vanificato,
con la riduzione dei maggiori presidi e comandi, la nostra ex isola felice,
potrà essere bersaglio della lunga manus della camorra, che potrebbe senza
sforzo porre le radici da noi per esercitare i suoi traffici. Come
aumenteranno, senza controllo, i furti, le rapine e i traffici di droga.
Desta sconcerto la posizione dei cittadini che non hanno la
percezione di cosa stia avvenendo. Lo si legge nei commenti sui social network,
che invitano gli amministratori ad andarsene a casa: meno male che tolgono le
province, questi ladri devono andarsene, si sono mangiati tutto!
Questo, uno dei disastrosi commenti qualunquistici che
gettano benzina sul fuoco dell’abolizione dell’autonomia provinciale, senza
capire che inconsapevolmente, sono partecipi di un gioco al massacro collettivo
del loro territorio.
Quanto è costata, a ridosso del 1970 la costituzione della
provincia pentra, agli allora amministratori. Quante battaglie prima
dell’autonomia, strappata con forza e caparbietà. Quanta lungimirante e
popolare forza d’animo stimolava gli isernini nel desiderio di indipendenza e
di sviluppo territoriale. Cosa è rimasto del fiero sciovinismo che ogni singolo
cittadino aveva della propria terra? Nulla.
Il peggiore periodo della nostra storia moderna è in atto.
Entro il mese di settembre ci saranno le elezioni provinciali, il popolo, oltre
a non poter eleggere direttamente, come accade con la nostra legge elettorale i
propri rappresentanti al parlamento, per una democrazia indiretta, difficile da
accettare: non potranno nemmeno più eleggere i propri rappresentati
provinciali.
Saranno chiamati al voto e a candidarsi, esclusivamente il
presidente provinciale insieme ai consiglieri provinciali uscenti, oltre ai
sindaci e ai consiglieri dei Comuni della provincia di Isernia (che potranno
candidarsi alla carica di consiglieri provinciali). Sarà un’elezione anomala,
che avverrà con voto ponderato (il voto dei sindaci e dei consiglieri dei
Comuni con più popolazione avrà un peso maggiore).
Si avrà un governo dai poteri ridotti al lumicino. La
speranza che i nostri rappresentanti parlamentari possano far valere il loro
peso politico, per imporre al Governo un’attenzione maggiore, quali degli
emendamenti, che possano far confluire risorse utili per garantire l’ordinaria
amministrazione delle competenze, ad un territorio svilito e spersonalizzato
che non può essere più identificato in provincia, sono labili, pressoché nulle.
“Panta rei”, non vi sono proteste e prese
di posizioni popolari da indurre a forzare il parlamento a legiferare a favore
della nostra sopravvivenza economica e i nostri parlamentari sono allineati al
governo senza limitazioni.
In sostanza, il
provvedimento riguardante le province, se non ci saranno intoppi, potrà essere
approvato in via definitiva tra un anno e mezzo, quando l’intero pacchetto
delle riforme costituzionali diventerà legge (dovrà passare alla Camera, poi
nuovamente al Senato e poi di nuovo alla Camera) sempre se il Governo Renzi
reggerà.
La lenta agonia del
nostro territorio è comunque in atto, in un silenzio menefreghista assordante:
le lagnanze dopo il disastro non saranno giustificate.
P.T.
2 commenti:
Quanto è costata negli anni e che utili ha dato?.......le buche delle strade ci saranno ancora ma forse i comuni faranno meglio della provincia!!!!
impossibile commentare.
non servivano le riforme, gli stravolgimenti territoriali,il senato, ecc. ecc. andava tutto bene bastavo solo far funzionare, bene e con passione, il tutto. ma era troppo facile. talmente banale da non crederci.
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