per
definire le terapie contro le assenze epilettiche
Pubblicato sul giornale scientifico
Neuropharmacology uno studio su nuovi potenziali farmaci
Nuove armi contro quella particolare forma di epilessia definita “assenza” sono al centro di uno studio condotto dai ricercatori dell’Unità di Neurofarmacologia dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Neuromed di Pozzilli, in Molise, in collaborazione con altri istituti italiani ed internazionali. Grazie al lavoro degli scienziati, pubblicato sulla rivista Neuropharmacology, è stato dimostrato che una delle molecole attualmente sotto esame potrebbe superare uno dei problemi legati ai farmaci contro questa forma epilettica: lo sviluppo di una refrattarietà al farmaco, un fenomeno capace di rendere meno efficaci i trattamenti.
Le assenze
epilettiche colpiscono prevalentemente i bambini che si bloccano
all’improvviso, guardando fisso nel vuoto. In alcuni casi si possono presentare
movimenti automatici o possono essere pronunciate parole non comprensibili.
Dopo alcuni secondi l’attacco finisce ed il bambino riprende ciò che stava
facendo senza ricordare nulla di questa sua “assenza”. I farmaci attualmente
usati per la terapia di questa patologia presentano diverse difficoltà, a
cominciare dalla refrattarietà che colpisce il 20% dei pazienti, che pertanto
non rispondono alla cura. Inoltre possono verificarsi effetti collaterali seri,
oppure l’efficacia del farmaco si perde con il tempo, la cosiddetta tolleranza.
Sono tutti motivi molto importanti per
cercare delle alternative ai trattamenti oggi disponibili. Nel 2011 l’Unità di
Neurofarmacologia del Neuromed, diretta dal Professor Ferdinando Nicoletti, aveva già contribuito alle ricerche
su due nuove molecole (attualmente identificate solo come sigle) che agiscono
sui recettori metabotropici per il
glutammato (mGlu). Il glutammato è ben conosciuto come uno dei
neurotrasmettitori, cioè sostanze che consentono la comunicazione tra una
cellula nervosa e l’altra. La ricezione di questa comunicazione è affidata a
proteine presenti sulla membrana cellulare capaci di “catturare” la particolare
molecola e “trasmettere” il suo messaggio modificando il comportamento della
cellula a cui appartengono. Questi recettori sono attualmente allo studio come
bersagli molto promettenti per una serie di patologie neurologiche.
In modelli animali da esperimento, le
molecole che agiscono rispettivamente sui recettori mGlu1 e mGlu5 modulando la
loro attività, avevano mostrato efficacia nel ridurre il numero e la durata
degli attacchi, misurabili attraverso segni caratteristici che compaiono
nell’elettroencefalogramma. In quel caso i farmaci candidati erano stati
studiati in una singola somministrazione. Con il lavoro pubblicato ora su
Neuropharmacology, sotto la supervisione del dottor Richard Ngomba, le
ricerche sono state concentrate sull’effetto dato dai farmaci quando utilizzati
per più giorni, proprio alla ricerca di eventuali fenomeni di tolleranza.
“Ciò che abbiamo visto – dichiarano i
primi autori Valerio D’Amore e Ines Santolini – è che una delle molecole in
studio porta allo sviluppo di tolleranza, mentre l’altra, che agisce sui
recettori mGlu5, mantiene inalterata la sua azione anche dopo dieci giorni di
trattamento. I nostri esperimenti hanno mostrato che il livello di entrambe le
sostanze nel cervello rimane lo stesso nel corso della terapia, quindi la
tolleranza indotta da una di loro non è dovuta ad una eliminazione della
molecola da parte dell’organismo, ma è probabilmente causata da una modificata
risposta dei recettori”.
Si tratta di risultati importanti per
definire la strada da seguire alla ricerca di nuovi farmaci contro le assenze
epilettiche. “Naturalmente – spiegano i coautori– stiamo parlando di passi
iniziali. Vediamo che i recettori mGlu5 sono buoni candidati come bersagli
farmacologici contro questa patologia. I passi successivi dovranno andare in
due direzioni: migliorare la nostra conoscenza degli effetti delle nuove
molecole che agiscono su di essi e, molto importante, valutare le variazioni
genetiche che possano essere alla base di differenze nei recettori mGlu tra
persone sane e persone malate”.
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