lunedì 17 dicembre 2012

Lettera aperta, il dramma dei disabili psichici dopo i tagli del Governo

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di una persona alle prese con i problemi legati alla disabilità psichica di un familiare, a seguito dei tagli che hanno portato a licenziamenti e cassintegrazioni di persone il cui equilibrio mentale è estremamente fragile.





Caro Direttore, cari cittadini,

le vicende di questi mesi sulla crisi economica che coinvolge tutti noi italiani lasciano riflettere, non solo sul problema in sé così disarmante, ma anche sulla sofferenza e conseguente impotenza di quelle persone e rispettive famiglie che ne sono coinvolte in prima persona. Credo che vivere ogni alba senza sapere se e come guardare il giorno che abbiamo davanti è scioccante ed è una condizione per cui si ha la consapevolezza che non termina il giorno successivo.

Se questa condizione è stata vissuta per anni e, per grazia ricevuta, superata oltre tragedie e dolori profondi, riviverla è ancora più sconvolgente, poiché manca la forza interiore per guardare con serenità al futuro, oltre ad essere giunti ad un’altra fase della vita, magari quella adulta. Con queste righe si vuole porre l’attenzione su quelle persone che, nonostante la loro dignità, il loro forte contributo al nostro Paese e alla nostra vita, troppo spesso diventano per noi INVISIBILI.

Vivere con una disabilità, di qualsiasi entità e genere, in casa o esserne direttamente protagonisti, è una situazione che a volte sfinisce al punto di restare senza fiato, ma, allo stesso tempo, rende chiunque è attorno al disagio più responsabile della propria vita e di quella altrui, tanto da essere costretti a non arrendersi mai di fronte a nulla.

 «Non esistono persone normali e non, ma donne e uomini con punti di forza e di debolezza ed è compito della società fare in modo che ciascuno possa sentirsi libero, nessuno sentirsi solo».

In questo momento storico, questo pensiero non è più così vero. La disabilità è solitudine, è sentirsi dire che rimanere assunti ora, soprattutto alla scadenza degli otto anni di un’ assunzione previsti dalla Lg 68/99 (legge che regola il collocamento mirato per persone disabili) per la defiscalizzazione, significa mantenere per una persona disabile un altro lavoratore che lo guidi, sia il suo tutor, perché questo prevede il collocamento obbligatorio e, quindi, il datore di lavoro, per una scelta imprenditoriale, preferisce mantenere un lavoratore con invalidità bassa e più autonomo.

La disabilità in tutte le sue forme non è una sconfitta, ma una condizione di salute in un ambiente sfavorevole e le barriere poste sono tali anche quando le leggi che la sostengono non sono conosciute a fondo o semplicemente non attuate.

Dall’ultimo rapporto Censis i dati della disoccupazione per i disabili in Italia sono sconcertanti rispetto ai lavoratori abili e, in questo momento di crisi, anche quelle persone che erano riuscite a lavorare, avere un proprio ruolo, una propria dignità, un’indipendenza economica, un’integrazione sociale, ora con la perdita del lavoro, cassa integrazione o licenziamento, tornano a vivere quell’ottica di disperazione da cui provenivano, nella considerazione che, a volte, la stessa disabilità, lo stesso progetto terapeutico prevede di non poter cercare lavoro in luoghi diversi da quelli dove si è abituati a vivere.

Sta diventando quasi routine ascoltare notizie di suicidi, in quanto sempre più frequenti, dovuti a disagi psichici non conclamati in precedenza , che nella disperazione della perdita di un lavoro, arrivano a gesti estremi.

I dubbi e le domande sorgono innumerevoli e spontanee.

Se questo accade a persone che non hanno mai mostrato un disagio prima di un trauma, come la perdita del lavoro, come può evolversi il disturbo di un disabile nella stessa situazione? E di un disabile mentale?

Esiste la presa in carico di un disabile da parte degli Enti locali in una condizione di crisi e cambiamento come quella che viviamo oggi?

Quale rapporto c'è tra crisi economica e disagio psichico?

L’incertezza sul lavoro e la precarietà economica aumentano il disagio personale e sociale?

Quali soggetti sono interessati?

Riconoscere la propria condizione e chiedere aiuto è un atto di umiltà e verità su se stessi, ma alcune volte non si sa come fare, in altre non si è ascoltati, accolti ed altre ancora e, spesso sono la maggior parte, non si hanno risposte, perché chi è deputato a fare chiarezza non le conosce. Venire allo scoperto, diventare VISIBILI, nonostante l’imbarazzo, significa essere di aiuto a chi vive la stessa condizione, non trova il coraggio di reagire o non sa come fare.

Se amiamo profondamente la nostra vita, amiamo anche la vita di chi ci vive accanto, non solo dei nostri cari, ma di tutti noi, uomini e donne, bambini e adulti, perché nessuno può sentirsi esente dai disagi e da tali condizioni. E’ dalla forza, dall’unione di tutti coloro che vivono tali condizioni senza vergogna e rassegnazione che ci si può avvicinare gradualmente a un risultato concreto.

Queste righe non vogliono essere una polemica, né  soprattutto una polemica aggiunta a quello stato di situazioni, luoghi comuni e, a volte, indifferenze a cui già siamo sottoposti nel quotidiano.

Cercare risposte, accendere speranze, riconquistare punti di riferimento, essere trattati come persone con pari dignità, questo è il momento, l’occasione per confrontarsi e riflettere sul nostro sistema di welfare, sulle leggi poste in essere che dovrebbero essere a sostegno dei disabili, ma che, di fatto, negoziano nell’offerta di risorse economiche per il datore di lavoro, per cui tutte le disabilità, di qualsiasi entità e genere, sono considerate uguali, in cui non c’è un reale controllo sulla tutela del lavoratore disabile e dove gli Enti, i Servizi sanitari, la Chiesa e tutte le Istituzioni devono sentirsi chiamati in causa, nessuno escluso, e non rimanere nel silenzio.  

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