sabato 10 novembre 2012

Lucio Di Gaetano: Solagrital, dubbi sulla soluzione

Apprendiamo che il Governo regionale avrebbe trovato una soluzione, sia pure a fatica e con tempi decisamente dilatati, alla triste vicenda della Solagrital.










A quanto riportano le fonti giornalistiche, la Giunta avrebbe previsto che la GAM  trasferisca la somma di 2,8 milioni di Euro alla Solagrital in cambio dell’acquisto integrale del magazzino; con le risorse ottenute, la società avicola avrebbe poi di che provvedere agli stipendi degli operai. In seguito la GAM comincerebbe a produrre in autonomia valendosi di un contratto di affitto del ramo d’azienda dalla società fallita, consentendo, da un lato, la preservazione dei processi produttivi e dei posti di lavoro e, dall’altro, la parziale soddisfazione dei creditori della massa fallimentare.

La GAM verrebbe poi avviata ad un percorso di privatizzazione che dovrebbe garantirne la miglior gestione nel lungo periodo. La soluzione sembra ricalcare il percorso seguito per lo Zuccherificio del Molise e, apparentemente, darebbe la miglior risposta all’emergenza in corso. Occorre tuttavia segnalare una serie di questioni che, se sottovalutate, potrebbero vanificare i buoni propositi.

1) La Solagrital è in liquidazione coatta: tale procedura prevede che tutti i creditori siano pagati in base ad un piano di riparto appositamente redatto dal commissario liquidatore. La circostanza, inoltre, fa sì che gli stipendi arretrati maturati prima del decreto di liquidazione (la stragrande parte delle somme non pagate ai lavoratori, a quanto risulta) siano soddisfatti solo ove non sussistano creditori di grado prevalente; ove tali creditori sussistano, i lavoratori potranno ricevere il pagamento solo se residuino risorse. Quali creditori hanno la precedenza rispetto ai lavoratori? Il Fisco e l’Inps, ad esempio. In altre parole, se la Solagrital avesse debiti rilevanti con lo Stato, questi avrebbe diritto ad avvantaggiarsi dei fondi prima dei dipendenti e sino a integrale soddisfazione: ci troveremmo, insomma, innanzi ad una Regione che ha grattato il fondo del barile per far fronte  agli stipendi, si è inventata un meccanismo estremamente complicato per trasferire le risorse e finisce per riuscire a pagare solo le tasse! Dio ce ne scampi.
   
2) I tempi: la redazione del piano di riparto non è cosa banale; il commissario liquidatore risponde personalmente per gli eventuali errori nei pagamenti e deve districarsi all’interno di una selva di adempimenti e norme non di immediata chiarezza, con gravi responsabilità anche di tipo penale. Pensare che egli – come si legge dai giornali – possa redigere il piano di riparto in 48 ore dalla ricezione dei fondi di GAM è una pia illusione.
   
3) Trasferimento degli assets Solagrital a GAM: il processo industriale dello Zuccherificio del Molise era sostanzialmente sano; gravava su di esso l’enorme mole di debito e la carenza di liquidità. Per indurre le banche a rifinanziare l’azienda è stato sufficiente trasferire la parte industriale in una nuova società priva di debiti per dimostrare che essa – sgravata dagli oneri finanziari – avrebbe prodotto utili. Solagrital ha un problema molto più grosso: il suo processo industriale è in perdita strutturale; senza investimenti e un integrale revisione del modello di business, le perdite che erano nella società avicola "seguiranno" gli asset. In altre parole, se il cavallo è malato, e ci si limita a farlo correre in un nuovo ippodromo, non si vince nemmeno una corsa.
   
4) La privatizzazione: lo Zuccherificio del Molise ha un valore intrinseco, la quota zucchero, che ne rende la sorte indipendente dalle vicende finanziarie e industriali e ne facilita la vendita. Anche se l’azienda fosse bombardata dai Mig russi, avrebbe comunque un valore, monetizzabile, rappresentato dal diritto di produrre un determinato quantitativo di merce in un mercato regolamentato. GAM vivrà, al contrario, in un mercato non protetto e se non dimostrerà di saper stare in piedi, nessuno la comprerà.

Questi i problemi. Quali le possibili soluzioni?

Innanzitutto smettere di pensare che le aziende si possano rimettere in sesto tutte allo stesso modo, come se si trattasse di curare un raffreddore.

In secondo luogo ripensare il processo industriale in maniera seria: cosa produrrà  GAM? Il solito pollo a 90 centesimi? O virerà, come dovrebbe, verso produzioni a maggior valore aggiunto, riservando a sé e agli allevatori quei margini che ora sono nella pancia degli intermediari commerciali?

In terzo luogo ripensare la privatizzazione: chi l’ha detto che l’azienda deve essere necessariamente venduta a qualche industriale del settore? Ci rendiamo conto che, alle attuali condizioni, questa scelta avrà un prezzo intrinseco rappresentato dalla svendita dei beni e dalla distruzione di un bel numero di posti di lavoro?

Un modo senz’altro migliore per uscire dal pantano potrebbe essere cedere gli asset industriali ai soli soggetti che hanno reale volontà e competenze per gestirli: i lavoratori e gli allevatori.  La Regione – con l’aiuto dei sindacati – dovrebbe promuovere la costituzione di una public company tra le maestranze e finanziarla.

Le risorse? I famosi fondi concessi a GAM – che ribadiamo, rischiano di non arrivare mai alle tasche dei lavoratori – potrebbero essere concessi a ciascun singolo avente diritto a fondo perduto, con l’obbligo di versarne almeno il 25% in una NewCo che acquisisca tutti gli asset. La società dovrebbe avere un piano industriale serio e un vincolo statutario all’entità degli stipendi dei managers, che comunque verrebbero scelti dagli stessi lavoratori. Se proprio dobbiamo rischiare fondi pubblici per un cavallo malato, cerchiamo di scegliere almeno il fantino giusto.


* Lucio Di Gaetano Componente Cda Zuccherificio

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