Imprese sempre più insolventi, le sofferenze bancarie superano i 104 miliardi di euro. Le banche non si fidano più delle imprese. Queste ultime sono sempre più insolventi ed allora molti istituti hanno deciso di non rischiare investendo sui titoli di stato.
A dirlo è la CGIA che sottolinea: dal dicembre 2011 al maggio di quest’anno (ultimo dato disponibile) i titoli di Stato detenuti dalle banche residenti in Italia sono aumentati dell’88,5%: all’inizio del periodo di osservazione i titoli posseduti ammontavano a 209,6 miliardi, ora hanno raggiunto quota 395, 1 miliardi (variazione assoluta +185,5 miliardi). Per contro, i prestiti erogati dal nostro sistema creditizio alle imprese sono diminuiti del 5%, che in termini assoluti corrispondono a meno 49,3 miliardi di euro erogati. Sempre in questo periodo, le sofferenze in capo al sistema imprenditoriale sono aumentate del 29,4% (variazione assoluta +23,7 miliardi) che, a maggio di quest’anno, hanno raggiunto un volume di 104,2 miliardi di euro.
Dalla CGIA fanno notare che l’analisi ha avuto inizio dal dicembre 2011. Questo periodo, infatti, coincide con la prima operazione realizzata dalla Bce che ha portato nelle casse delle nostre banche 58 miliardi di euro di rifinanziamento netto a cui si sono aggiunti altri 74 miliardi di euro prestati nel febbraio del 2012. Complessivamente, i due prestiti hanno consentito di 'rafforzare' le casse dei nostri istituti di credito per 132 miliardi di euro netti ad un tasso dell’1%.
La tendenza, fa notare la CGIA, si è rafforzata anche in questa prima parte dell’anno: tra il dicembre 2012 e il maggio 2013, lo stock dei titoli di Stato in possesso delle banche è cresciuto di 64 miliardi di euro; le sofferenze in capo alle aziende sono cresciute di 4,2 miliardi; mentre gli impieghi alle imprese sono diminuiti di 17,1 miliardi.
"Quel mare di denaro erogato dalla Bce tra il dicembre 2011 e la fine di febbraio 2012 – afferma Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA – è stato investito dalle nostre banche soprattutto in Bot, in Btp o in Ctz. Investimenti redditizi ed a basso rischio. Tuttavia – prosegue Bortolussi – sarebbe ingeneroso criticarle per queste scelte. Se hanno deciso di acquistare i nostri titoli di Stato in maniera così massiccia, non possiamo disconoscere che ciò a contribuito ad immettere una forte dose di liquidità nel sistema salvando l’Italia dal crack finanziario.
Ora, però, è indispensabile ritornare ad investire nell’economia reale. Sono consapevole che le banche non sono degli istituti di beneficenza, ma delle imprese private che devono fare utili. Ciò detto, il nostro sistema produttivo è sempre più in difficoltà e i dati relativi all’aumento delle sofferenze lo dimostrano. Pertanto, è necessario che tutti gli istituti di credito, così come hanno continuato a fare in questi durissimi anni di crisi le Banche di Credito Cooperativo, le Popolari e le Casse di Risparmio, ritornino a rischiare assieme il sistema produttivo, altrimenti corriamo il pericolo di non essere in grado di superare questo momento così difficile".
Dalla CGIA fanno notare che l’analisi ha avuto inizio dal dicembre 2011. Questo periodo, infatti, coincide con la prima operazione realizzata dalla Bce che ha portato nelle casse delle nostre banche 58 miliardi di euro di rifinanziamento netto a cui si sono aggiunti altri 74 miliardi di euro prestati nel febbraio del 2012. Complessivamente, i due prestiti hanno consentito di 'rafforzare' le casse dei nostri istituti di credito per 132 miliardi di euro netti ad un tasso dell’1%.
La tendenza, fa notare la CGIA, si è rafforzata anche in questa prima parte dell’anno: tra il dicembre 2012 e il maggio 2013, lo stock dei titoli di Stato in possesso delle banche è cresciuto di 64 miliardi di euro; le sofferenze in capo alle aziende sono cresciute di 4,2 miliardi; mentre gli impieghi alle imprese sono diminuiti di 17,1 miliardi.
"Quel mare di denaro erogato dalla Bce tra il dicembre 2011 e la fine di febbraio 2012 – afferma Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA – è stato investito dalle nostre banche soprattutto in Bot, in Btp o in Ctz. Investimenti redditizi ed a basso rischio. Tuttavia – prosegue Bortolussi – sarebbe ingeneroso criticarle per queste scelte. Se hanno deciso di acquistare i nostri titoli di Stato in maniera così massiccia, non possiamo disconoscere che ciò a contribuito ad immettere una forte dose di liquidità nel sistema salvando l’Italia dal crack finanziario.
Ora, però, è indispensabile ritornare ad investire nell’economia reale. Sono consapevole che le banche non sono degli istituti di beneficenza, ma delle imprese private che devono fare utili. Ciò detto, il nostro sistema produttivo è sempre più in difficoltà e i dati relativi all’aumento delle sofferenze lo dimostrano. Pertanto, è necessario che tutti gli istituti di credito, così come hanno continuato a fare in questi durissimi anni di crisi le Banche di Credito Cooperativo, le Popolari e le Casse di Risparmio, ritornino a rischiare assieme il sistema produttivo, altrimenti corriamo il pericolo di non essere in grado di superare questo momento così difficile".
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