giovedì 4 settembre 2014

Isernia: gli sguardi persi della disperazione preludio dell'esodo.



La riflessione di oggi si pone su quello che sta accadendo ad Isernia per quanto concerne la crisi del lavoro e l’impossibilità di trovarlo. Provate ad uscire a qualsiasi ora e a girare per le strade. Provate a soffermarvi un attimo sugli sguardi della gente, leggerete smarrimento, angoscia, incertezza e apprensione.


Sono sguardi che vorrebbero non vivere questo momento di estremo disagio economico –lavorativo che investe la stragrande maggioranza della gente isernina. Anche gli impiegati dello Stato, che possiedono ancora uno stipendio fisso, non sono più tranquilli e si limitano anche negli acquisti degli alimenti. Non parliamo dei giovani che all’improvviso spariscono, come risucchiati da un vortice, da un giorno all’altro vanno via: in casi favorevoli, in altre regioni limitrofe, in altri, in Inghilterra o in Germania.

Quello che sta accadendo sotto i nostri occhi è inconcepibile e assurdo, la nostra gente sfiduciata, indebitata e disoccupata come non era mai accaduto dal primo dopoguerra. Pur vivendo in un paese tranquillo, troppo tranquillo forse, in pochi sperano che si inneschi qualche meccanismo che possa invertire questa profonda sensazione di sconforto che investe tutti e non lascia speranze per il futuro.
In riferimento ai dati diffusi nelle ultime 48 ore, Isernia è l’ultima città tra le 155 sottoposte a sondaggio per la difficoltà a trovare un lavoro.

Non serviva forse questa conferma statistica, bastava osservare le famiglie che sono rimaste a casa ad agosto e non si sono concesse nemmeno un giorno di mare. Bastava osservare in quanti sono corsi presso le strutture ospitanti gli anziani, per prelevare il proprio vecchio parente e portarselo a casa, sostituendosi alle strutture geriatriche per l’assistenza, pur di avere a disposizione una pensione. Mentre il lavoro delle badanti era riservato, fino a ieri alle donne extra comunitarie, oggi sono riservate alle donne isernine che hanno grosse difficoltà a far quadrare il bilancio familiare.

Riscontriamo che le cose sono decisamente cambiate nel giro di tre anni, ad Isernia vi è stata una palingenesi che ha azzerato i ceti sociali e posto tutti in un unico calderone di miseria e povertà. La crisi e l’impossibilità di poter reagire infatti, ha reso poveri anche i ricchi imprenditori del settore edile: gli ingegneri e gli architetti, la pletora di avvocati e di commercialisti che insistono in città e nel limitrofo. Fino a ieri, questi colletti bianchi, si vedevano in giro con macchinoni esagerati che ne testimoniavano l’opulenza e gli affari a gonfie vele ed oggi, in tantissimi girano con l’utilitaria usata, mentre in molti che ancora l’auto di lusso la posseggono, vorrebbero svenderla, per non continuare a pagare le rate impossibili da onorare, ma nemmeno svendendola trovano acquirenti.

La grave situazione la si riscontra nei ragionamenti triti e ritriti di crisi economica davanti ai bar, alle tantissime persone che non hanno nulla da fare e sono sempre davanti a quelle odiose “slot”a bruciarsi i quattro soldi della cassa integrazione o della mobilità, nell’illusione di una ricchezza improvvisa. Sono più che triplicate le famiglie con sfratti esecutivi, clienti abituali della Caritas diocesana. Un passo indietro deciso nel passato lo si riscontra nella riduzione del traffico veicolare, nella gente che sempre più non usa l’auto (e non lo fa per un improvviso scatto di sportività garante della salute), ma solo per risparmiare. Ed ecco che anche i benzinai sono diventati poveri, si è ridotta della metà la vendita delle benzine.

La povertà che investe Isernia è tangibile nei mercati del Giovedì e del sabato, con un proliferare di bancarelle di abiti, borse e scarpe usate; sono sempre piene di clienti di tutte le vecchie classi sociali. La fine del commercio e dell’impossibilità di intraprendere nuove iniziative commerciali, con sempre meno gente in questa ex cittadina di provincia, lo si nota dalle numerosissime vetrine con il “fittasi” in evidenza. La grande proliferazione di palazzi avuta qualche anno fa con lo sblocco del piano urbanistico, oggi non ha più senso, anche nel segmento immobiliare il valore al metro quadro è sceso vertiginosamente e nonostante questo, tantissimi sono gli appartamenti non venduti e sfitti.

Vi è la consapevolezza velata da un ottimismo moderato e non giustificato, che le cose possano cambiare, ma non sarà così in quanto la fine della provincia pentra, inevitabilmente, come sta già accadendo, porterà via intere fette sostanziose di impiegati pubblici. I presidi di pubblica sicurezza, saranno ridotti a mere stazioni o commissariati, in riferimento agli attuali comandi provinciali dei Carabinieri, Finanza e Questura. Quella serie di uffici fino a ieri indispensabili per una provincia, oggi non più necessari, prevedono un ulteriore colpo mortale all’economia di questa cittadina. Si attendono riduzioni di circa 2.000 unità lavorative che potrebbero giungere a un meno 5.000 persone in città: una vera catastrofe che si aggiunge alla già precaria situazione di difficile sostenibilità per le attività commerciali e artigianali.

Cosa accadrà, tra un paio di anni, quando le casse integrazioni, finiranno con le mobilità per le centinaia di lavoratori isernini delle maggiori aziende fallite, non è dato saperlo, ma è facile immaginarlo, la parola chiave è: esodo. Presumibilmente, Isernia continuerà progressivamente a svuotarsi e si ritornerà all’emigrazione, più grave e consistente di quella del passato e più incisiva di quella che sta già avvenendo.

Vi è comunque una fetta di famiglie benestanti ad Isernia che la crisi non la vive dal punto di vista economico. Sono le persone che nel tempo hanno accumulato ricchezze lecite o illecite, ma ancora ricchi sfondati in un momento in cui tutti soffrono.
La loro più che sufficiente sostenibilità economica in questa città, non li rende immune da una tristezza di fondo, sono anch’essi parte integrante di una comunità, in cui ad ogni angolo trovi gente disperata in cerca di lavoro e di spiccioli per campare, oltre a quegli sguardi persi nell’incertezza oggi, preludio di disperazione per il domani.
P.T.




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