Male l’artigianato: tra il 2008 e il 2012 abbiamo perso 58.000 aziende artigiane.
Entro la fine di quest’anno i possibili nuovi esclusi dal mercato del lavoro potrebbero aumentare, rispetto al 2012, di quasi 520.000 unità. A dirlo è la CGIA di Mestre che ha sommato i disoccupati, i cassaintegrati a zero ore e gli scoraggiati in più che, alla fine di quest’anno, avremo rispetto al 2012.
Seppur privo di rigore statistico, questo studio ci permette di dimensionare la mole di persone che a vario titolo non possono contare su un posto di lavoro. Se alla fine del 2012 questi esclusi dal mercato del lavoro erano poco più di 4.886.000, alla fine di quest’anno supereranno di poco i 5.405.800 unità. Sono stime molto prudenziali che, ricorda la CGIA, sono state calcolate sulla base delle previsioni economiche realizzate in questi ultimi mesi da alcuni istituti economico/statistici che, come ben sappiamo, potrebbero essere aggiornate a breve.
"Appare evidente che per invertire la tendenza in atto – segnala Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – bisogna agire su più fronti: ridurre il costo del lavoro, favorire una maggiore flessibilità che sia accompagnata da misure di sostegno al reddito per i lavoratori occupati a tempo determinato, ma, in particolar modo, assicurare un alleggerimento fiscale e burocratico sulle imprese. Se non aiutiamo soprattutto le miro imprese con meno di 10 addetti, che nel decennio scorso hanno garantito in Ue il 58% dei nuovi posti di lavoro, sarà molto difficile abbassare il tasso di disoccupazione che alla fine di quest’anno è dato al 12%".
Se le piccole e micro imprese continuano ad essere il tessuto connettivo del Paese, tra il 2008 e il 2012 la crisi economica ha cancellato dal nostro territorio nazionale ben 58.000 aziende artigiane . In certi casi siamo al paradosso: si espande a macchia d’olio l’esercito dei senza lavoro, ma alcune professioni legate al vetro artistico, alle calzature, al cuoio, alle pelli e quelle a mano del tessile, corrono il rischio, fra qualche decennio, di estinguersi perché i giovani non si avvicinano più a questi mestieri.
Seppur privo di rigore statistico, questo studio ci permette di dimensionare la mole di persone che a vario titolo non possono contare su un posto di lavoro. Se alla fine del 2012 questi esclusi dal mercato del lavoro erano poco più di 4.886.000, alla fine di quest’anno supereranno di poco i 5.405.800 unità. Sono stime molto prudenziali che, ricorda la CGIA, sono state calcolate sulla base delle previsioni economiche realizzate in questi ultimi mesi da alcuni istituti economico/statistici che, come ben sappiamo, potrebbero essere aggiornate a breve.
"Appare evidente che per invertire la tendenza in atto – segnala Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – bisogna agire su più fronti: ridurre il costo del lavoro, favorire una maggiore flessibilità che sia accompagnata da misure di sostegno al reddito per i lavoratori occupati a tempo determinato, ma, in particolar modo, assicurare un alleggerimento fiscale e burocratico sulle imprese. Se non aiutiamo soprattutto le miro imprese con meno di 10 addetti, che nel decennio scorso hanno garantito in Ue il 58% dei nuovi posti di lavoro, sarà molto difficile abbassare il tasso di disoccupazione che alla fine di quest’anno è dato al 12%".
Se le piccole e micro imprese continuano ad essere il tessuto connettivo del Paese, tra il 2008 e il 2012 la crisi economica ha cancellato dal nostro territorio nazionale ben 58.000 aziende artigiane . In certi casi siamo al paradosso: si espande a macchia d’olio l’esercito dei senza lavoro, ma alcune professioni legate al vetro artistico, alle calzature, al cuoio, alle pelli e quelle a mano del tessile, corrono il rischio, fra qualche decennio, di estinguersi perché i giovani non si avvicinano più a questi mestieri.
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