"Nel quinquennio della crisi bruciati 238 miliardi di reddito disponibile per le famiglie, in media 10.000 euro in meno ciascuna. Urgente governo che rilanci la crescita".
"Il dato Istat sulle vendite di febbraio – sottolinea Confesercenti - è molto negativo, anche perché bisogna risalire ad un anno fa per trovare una variazione negativa peggiore. La crisi ha portato sfiducia e prudenza. Ma la sfiducia – ricorda Confesercenti – non è solo uno stato d’animo, bensì il risultato di anni di difficoltà, di troppo tempo impegnato ad affermare ruolo e poteri dei nostri vari livelli istituzionali, trascurando i destini dell’Italia, delle imprese, dei lavoratori dipendenti.
Ora serve un colpo d’ala, una capacità di riscatto della politica e delle Istituzioni, un ruolo forte delle parti sociali, perché solo così potremo rilanciare la nostra economia. Del resto basta guardare al calo pronunciato dell’alimentare per segnalare la difficilissima situazione di crisi delle famiglie. Non va dimenticato che nel terribile quinquennio 2007-2012, la crisi, assieme al balzo insopportabile della pressione fiscale ed al calo della occupazione, ha bruciato la cifra astronomica di 238 miliardi di reddito disponibile delle famiglie italiane. Vale a dire che in media ogni famiglia si è vista “scippare” quasi 10 mila euro.
Nel solo 2012 la spesa delle famiglie ha subito un crollo di 43 miliardi rispetto al dato del 2007, vale a dire circa 1800 euro a nucleo familiare. A questa montagna di risorse perdute ha corrisposto inevitabilmente un’impressionante distruzione di imprese: nei settori del commercio e del turismo nel 2012 state circa 135 mila, mentre nei primi mesi del 2013 hanno già abbassato la serranda - solo nel commercio al dettaglio - altre 23 mila imprese con un saldo negativo di circa 10.600 unità.
E con il prolungarsi della recessione si registrano sempre meno le nuove aperture. Va detto con chiarezza che senza un Governo autorevole e senza interventi urgenti ed adeguati il Paese rischia davvero molto. L’immobilismo ogni giorno di venta più pericoloso. Occorre un rapido e coraggioso ripensamento della politica economica che restituisca alle imprese, alle Pmi in particolare, lo forza per investire, innovare, creare nuovo lavoro.
E si deve ripartire da due nodi fondamentali: realizzare risparmi consistenti nella spesa pubblica e ridurre significativamente il peso del fisco su famiglie ed imprese. C’è bisogno di ripensare profondamente l’Imu, di fare marcia indietro sull’aumento dell’Iva al 22%, così come dobbiamo dire basta al ricorso sistematico e soffocante delle addizionali regionali e locali. In sintesi si tratta di invertire la rotta fiscale su tutta la linea".
Ora serve un colpo d’ala, una capacità di riscatto della politica e delle Istituzioni, un ruolo forte delle parti sociali, perché solo così potremo rilanciare la nostra economia. Del resto basta guardare al calo pronunciato dell’alimentare per segnalare la difficilissima situazione di crisi delle famiglie. Non va dimenticato che nel terribile quinquennio 2007-2012, la crisi, assieme al balzo insopportabile della pressione fiscale ed al calo della occupazione, ha bruciato la cifra astronomica di 238 miliardi di reddito disponibile delle famiglie italiane. Vale a dire che in media ogni famiglia si è vista “scippare” quasi 10 mila euro.
Nel solo 2012 la spesa delle famiglie ha subito un crollo di 43 miliardi rispetto al dato del 2007, vale a dire circa 1800 euro a nucleo familiare. A questa montagna di risorse perdute ha corrisposto inevitabilmente un’impressionante distruzione di imprese: nei settori del commercio e del turismo nel 2012 state circa 135 mila, mentre nei primi mesi del 2013 hanno già abbassato la serranda - solo nel commercio al dettaglio - altre 23 mila imprese con un saldo negativo di circa 10.600 unità.
E con il prolungarsi della recessione si registrano sempre meno le nuove aperture. Va detto con chiarezza che senza un Governo autorevole e senza interventi urgenti ed adeguati il Paese rischia davvero molto. L’immobilismo ogni giorno di venta più pericoloso. Occorre un rapido e coraggioso ripensamento della politica economica che restituisca alle imprese, alle Pmi in particolare, lo forza per investire, innovare, creare nuovo lavoro.
E si deve ripartire da due nodi fondamentali: realizzare risparmi consistenti nella spesa pubblica e ridurre significativamente il peso del fisco su famiglie ed imprese. C’è bisogno di ripensare profondamente l’Imu, di fare marcia indietro sull’aumento dell’Iva al 22%, così come dobbiamo dire basta al ricorso sistematico e soffocante delle addizionali regionali e locali. In sintesi si tratta di invertire la rotta fiscale su tutta la linea".
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