mercoledì 8 agosto 2012

Marcinelle 56 anni dopo

Stelle al merito del lavoro "Alla Memoria": Gli eroi della nostra memoria.







 

Caduti di Marcinelle 8 agosto 1956

CASCIATO Felice nato a Sant’Angelo del Pesco (IS) – Moglie tre figli
CICORA Francesco nato a San Giuliano di Puglia (CB) – Moglie e sei figli
GRANATA Francesco nato a Ferrazzano (CB) – Moglie e due figli
GRANATA Michele nato a Ferrazzano (CB) – Moglie e due figli
MOLITERNO Michele nato a Ferrazzano (CB) – Moglie e quattro figli
NARDACCHIONE Pasquale nato a San Giuliano del Sannio (CB) – Moglie e tre figlie
PALMIERI Liberato nato a Busso (CB) - Celibe


Credo sia importante, in occasione del 56° della tragedia mineraria di Marcinelle, dedicare, ancora una volta un pensiero, una riflessione su questa vicenda amara che rappresenta una delle tante pagine tristi della storia dell’emigrazione, che è poi la nostra storia.

La storia non solo in quanto racconto di fatti e avvenimenti lontani, ma la storia intesa come qualcosa di strettamente legato alla nostra memoria e alla nostra cultura: la cultura di una comunità, che nasce dal consolidarsi e dal tramandarsi nel tempo esperienze, racconti, eventi, valori riconosciuti come universali e condivisi.

Nell’epoca della civiltà delle immagini in cui tutto scorre ininterrottamente e si esaurisce nel frammento di pochi istanti, il flusso degli eventi scivola veloce nelle immagini di uno schermo e la scomparsa lenta dei protagonisti e dei testimoni ci può far perdere, a volte, il significato autentico degli avvenimenti, delle cause che li hanno determinati e delle conseguenze che hanno prodotto.

Riflettere sulle problematiche legate al mondo dell’emigrazione acquista ancor più valore in un momento storico in cui questo argomento è oggetto quotidianamente delle cronache dei giornali, del dibattito politico e non solo. L’incontro tra culture dovuto ai flussi migratori, seppur determinato dal bisogno e dalla speranza, ieri come oggi, di costruirsi un futuro migliore, dovrà necessariamente tradursi in occasione di arricchimento umano e culturale, oltre che economico.

Il nostro grato pensiero deve essere rivolto alle generazioni di italiani impegnati a scavare gallerie, nell’edilizia e nell’agricoltura, nei lavori pesanti e disagiati, con alloggi precari, a volte vere e proprie baracche, sottoposti a sacrifici umani, materiali e sociali e spinti all’estero dalla voglia di migliorare le proprie condizioni di vita.

Nell’anno 2000 ho iniziato ad occuparmi della vicenda di Marcinelle, rendendomi conto che il fluire del tempo non può sopprimere il ricordo delle tragedie che scandiscono inesorabilmente la vita dell’uomo.

Il ricordo, è un dovere che assume un valore più grande quando il ricordo è ispirato da profondi sentimenti di partecipazione al dolore altrui.

Per grandi linee ricordiamo quale fu la dinamica della ‘catastròfe’ di Marcinelle:

Ore 8.10 di una calda giornata d’agosto: è l’ 8 agosto 1956. La tragedia si abbatte sul pozzo Saint Charles del Bois du Cazier.

La gabbia, cui era stato agganciato in maniera errata un carrello pieno di materiale di scavo, battendo contro le pareti del pozzo, spezza una putrella, trancia il cavo ad alta tensione che immette energia elettrica nelle sedi di estrazione e la vicina condotta forzata dell’olio.

Come in tutte le grandi tragedie il fattore umano è stato un elemento importante: potremo chiamarlo ‘distrazione’, ‘disattenzione’, ‘mancanza di protezione per condizioni di lavoro pericoloso’. Il freddo conteggio porta questi dati:

262 minatori morti, appartenenti a 12 nazioni, di cui 136 italiani e tra questi 7 molisani.

Il più anziano dei minatori si chiamava Wilmar Germain, nato nel 1897; il più giovane, Gonet Michel era nato il 3 giugno 1942. I minatori lasciarono 406 orfani.

Nella triste ‘catastròfe’ di Marcinelle, primo attore fu il bojanese Antonio Iannetta che era l’incaricato della manovra e che, purtroppo, non riuscì ad evitare la sventura.

Fu l’inferno: il fuoco ed il fumo furono il campanello d’allarme a tutto il paese che corse attonito e sbigottito alla ‘mina’, quando i primi soccorritori già giunti sul posto, trovavano una situazione inimmaginabile cercando di raggiungere la galleria più bassa, posta a 1035 metri di quota.

Solo dopo quattro lunghi giorni fu possibile raggiungere il livello 907.

I parenti e la gente accorsa da più parti, aggrappati al cancello del Bois du Cazier attendevano muti qualche parola di speranza. Con il passare dei giorni la speranza farà posto alla disperazione e soltanto il 17 dicembre la mina matrigna restituirà le ultime quattro vittime.

Iniziò il processo per accertare i colpevoli ed il 1 ottobre 1959 il Tribunale di Charleroi emise il verdetto di assoluzione per gli amministratori e i direttori della miniera.

L’11 febbraio scorso Antonio Iannetta è morto a 88 anni a Toronto in Canada, dove si era trasferito: con lui sono spariti i segreti di Marcinelle. Avrebbe potuto ricordare come andarono esattamente le cose, ma sparì pochi mesi dopo l’incidente e solo nel 1976 fu ritrovato ed intervistato da un giornalista belga ma, poco si capiva dal suo racconto, fatto in un incredibile dialetto intervallato da scoppi di pianto irrefrenabili.

E’ giusto evidenziare che Iannetta nel corso del processo aveva cambiato sette volte la sua versione dei fatti.

Come già detto, nell’anno 2000 con il Consolato Regionale Maestri del Lavoro, inizio ad occuparmi del PROGETTO MARCINELLE ed a fare  ricerche sui familiari dei poveri minatori deceduti.

Nel mio cuore quelli che ho incontrato e conosciuto occupano un grande spazio; questi incontri hanno scavato la mia coscienza e mentre scorrono le immagini di muta comprensione, rivedo le lacrime di Lina Nardacchione, una delle vedove, che ha messo a nudo la sua anima rappresentando il dolore del ricordo e piangendo per un’ora intera.

Rivedo Carmelina Granata, che a distanza di tanti anni piange ancora il suo uomo ricordando che il suo corpo fu il primo ad essere riportato alla luce.

Segnati dalla tragica vicenda, gli orfani del ’56, uomini e donne cresciuti in fretta, come Armando Casciato che, per sopravvivere, andò a Napoli a 12 anni a lavorare come lavapiatti.

La tragedia nella tragedia fu una lettera di Michele Cicora, dal quale appresi che il corpo del padre non era stato ritrovato: attualmente nel cimitero del Bois du Cazier una lastra di pietra grigia lo ricorda, come altri poveri minatori, con su scritto ‘INCONNUE’. Michele che vive a Londra e non ha conosciuto il padre, periodicamente si reca a Marcinelle per interrogare persone anziane che possano averlo conosciuto e ricevere notizie su di lui.

Ritengo che con le tante iniziative realizzate dai Maestri del Lavoro del Molise, nella Regione Molise, nei comuni ed anche a livello nazionale con i Maestri del Lavoro e Enti vari, la collaborazione offerta da Giuseppe Ruffo, mio marito, con i libri riguardanti questo centro della Vallonia: ‘Il tempo della memoria. Marcinelle 45 anni dopo’; ‘La cloche di Marcinelle’ e ‘Da Marcinelle a San Giuliano di Puglia’; con incontri nelle scuole per promuovere anche progetti internazionali, abbiamo fatto del nostro meglio per riportare all’attenzione di tutti questa vicenda di dolore e di lavoro.
 
LA MINIERA DI MARCINELLE PATRIMONIO MONDIALE DELL'UMANITA'

L'Unesco ha dichiarato la miniera di Marcinelle patrimonio dell'umanità

"Il riconoscimento dell'Unesco segnala un luogo storico dell'emigrazione italiana e come la cultura è anche il frutto del lavoro e delle fatiche umane,che hanno segnato profondamente la storia della mobilitä umana". E' quanto afferma mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, a commento della notizia che la miniera di Marcinelle è stata dichiarata patrimonio dell' umanità da parte dell'Unesco. "Marcinelle - ha aggiunto mons. Perego – è un luogo culturale che educa alla sicurezza sul lavoro, ma anche a come il lavoro sia un diritto fondamentale".

Marcinelle 8 agosto 2012 ore 8,10

Come ogni anno, Mariae Mater Orphanorum, la campana fusa dalla Fonderia Marinelli di Agnone nell’ambito del Progetto Marcinelle, darà 262 rintocchi seguiti dal nome e cognome dei minatori deceduti l’8 agosto 1956. Saremo, nello spirito, tutti presenti per ricordare e dire, così come suggerisce la poetessa Alda Merini:

“Così sei morto senza parola, perché non volevi dirci addio”.




 MdL Anna di Nardo Ruffo

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