venerdì 24 agosto 2012

Lavoro: Qualità e cultura "a caccia" di laureati

Ma il pezzo di carta non basta, serve soprattutto l’esperienza . Il settore in controtendenza: dal 2007 al 2011 creati 55mila posti di lavoro.










Saranno 32.250 le assunzioni previste quest’anno dalle imprese che competono grazie alla qualità e alla cultura (di cui 22.880 non stagionali e 9.370 stagionali), pari al 5,6% del totale delle assunzioni che verranno realizzate dalle imprese di industria e servizi. Nonostante la crisi, le imprese legate alla cultura dimostrano una particolare tenuta occupazionale, visto che il numero di occupati del settore, dal 2007 al 2011, è cresciuto a un ritmo medio annuo dello 0,8% (complessivamente circa 55mila posti di lavoro in più), a fronte di una flessione media dello 0,4% all’anno riscontrata per l’intera economia nazionale nello stesso periodo.

Un dato di tenuta che si manifesta anche quest’anno: pur arretrando sotto i colpi della congiuntura (-0,7% il saldo occupazionale, pari a -4.900 dipendenti rispetto al 2011), le imprese della cultura evidenziano infatti una maggiore resistenza rispetto al complesso delle altre imprese la cui occupazione è prevista in diminuzione dell’1,2% corrispondente ad un saldo di 125.600 dipendenti in meno rispetto al 2011.

Questi alcuni dei dati tratti dall’indagine Excelsior – realizzata da Unioncamere e Ministero del Lavoro – e illustrati oggi a Rimini nel corso del suo intervento al Meeting dal Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello.

"Sembra un paradosso – ha detto tra l’altro Ferruccio Dardanello - ma in Italia manca un quadro organico di politiche economiche basate sul potenziale produttivo del settore culturale. Gli italiani devono recuperare non soltanto il senso economico della cultura, ma anche in una certa misura il suo senso sociale, di elemento alla base delle sue produzioni di eccellenza e occasione per dare opportunità di lavoro a tanti giovani che hanno capacità e qualità da vendere. Purtroppo – ha aggiunto il Presidente di Unioncamere - è ancora diffusa l’idea che con la cultura non si mangi, ma i successi del Made in Italy, di cui tanta parte discende proprio dalla nostra cultura del fare e del vivere, vengono da questo patrimonio inesauribile. 

Che va messo a frutto con politiche che devono partire fin dai banchi di scuola, per mettere in condizione i nostri giovani e le loro famiglie di cogliere le tante opportunità che vengono dall’industria culturale, e maturare presto quell’esperienza indispensabile per conseguire un lavoro di qualità".

Le assunzioni delle imprese legate alla cultura nel 2012

Secondo l’indagine, la domanda di lavoro delle imprese che ruotano intorno alla cultura si dimostra molto orientata verso figure di alto profilo, considerando che quasi la metà delle assunzioni non stagionali programmate per quest’anno riguarderanno professioni high-skill (ben 7 su 10 nel caso delle cosiddette “professioni culturali” - definite in base a 127 profili professionali espressivi del core delle attività delle imprese che le impiegano), quando nel caso delle altre imprese dell’industria e dei servizi non si va oltre un quinto del totale.

Dietro a questo generale innalzamento qualitativo professionale del fabbisogno occupazionale delle industrie culturali risiede un’elevata attenzione nei confronti del titolo di studio, che si tramuta in un’ampia richiesta di laureati, pari a quasi 30 assunzioni non stagionali su 100 previste nel 2012 (più del doppio rispetto alle altre imprese, dove questa quota supera di poco il 14%). Delle quasi 23mila entrate non stagionali programmate per quest’anno da queste imprese,  quasi la metà (43,4% corrispondenti in valore assoluto a 9.930 assunzioni), sono ascrivibili alle professioni culturali.

Particolare interessante, queste professioni risultano fortemente bipolarizzate tra figure ad alta qualificazione (in totale 59, le cosiddette “high-skill”  espressione delle professionalità intellettuali-scientifiche), e quelle a contenuti di competenze meno qualificate (low-skill, ben 61), tra cui si ritrovano le professionalità più artigianali.

Le professioni culturali più richieste

E’ la tecnologia a guidare la classifica, grazie alla prima posizione occupata dagli "Analisti e progettisti di software", gli unici a superare la soglia delle 2mila assunzioni non stagionali (2.190). Come era lecito aspettarsi, è piuttosto presente il mondo dell’audio-visivo. Ma emerge anche una elevata attenzione dedicata allo studio dei mercati, considerando le oltre mille assunzioni non stagionali fra "Tecnici della vendita e della distribuzione", "Tecnici del marketing" e "Specialisti nei rapporti con il mercato". E per competere sui mercati, queste imprese necessitano anche di "Disegnatori industriali e professioni assimiliate". Infine, l’arte culinaria non poteva mancare, presente con un fabbisogno di 650 "Chef".

Per lavorare nella cultura, più importante il titolo di studio…

Il titolo di studio costituisce un elemento importante per le imprese della cultura al momento dell’assunzione (ritenuto molto o abbastanza importante per quasi i due terzi di esse, a fronte di meno della metà nel caso delle altre imprese). E ciò soprattutto con specifico riferimento per le professioni culturali, dove il titolo è importante in quasi l’80% dei casi e dove la richiesta di laureati arriva a sfiorare il 40% del totale delle assunzioni non stagionali previste per quest’anno.

Anche tra i profili low-skill di tali professioni, la richiesta di diplomati e qualificati professionali è nettamente superiore alla media di tutti gli altri settori (48% contro 40% delle assunzioni di professioni non culturali) a testimonianza del fatto che, seppur “etichettate” low-skill, queste figure sono in grado di esprimere professionalità uniche.

… Ma l’esperienza vale ancora di più

Una volta usciti dal percorso di studi, tuttavia, i giovani non sembrano tuttavia trovare maggiori spazi occupazionali nelle imprese legate alla cultura rispetto alle altre imprese. In entrambi i casi, i giovani "freschi di studi" sono ritenuti adatti nel 45-46% delle assunzioni non stagionali programmate nel 2012. Per le specifiche professioni culturali, l’indagine rileva una valutazione di idoneità dei giovani neo-laureati o neo-diplomati addirittura più bassa (il 35,1%) rispetto alla media generale.

A riprova della specificità del settore, vale sottolineare il valore dato all’esperienza ai fini dell’assunzione. Per lavorare nel mondo della cultura ne serve decisamente di più rispetto agli altri tipi di imprese: la ritiene importante al momento dell'assunzione il 63,6 contro 53,4% della media delle imprese, con un picco del 71% per le professioni strettamente culturali.

Gli indirizzi di studio più gettonati dalle imprese della cultura

Tra i titoli di studio, le imprese del sistema produttivo culturale manifestano elevata attenzione verso indirizzi dall’elevato contenuto scientifico, tecnologico, così come strettamente tecnico. Tra i primi cinque indirizzi di laurea richiesti, ben tre sono legati all’ingegneria, a cui si affiancano quello scientifico-matematico assieme a quello economico. Basti pensare che il solo indirizzo dell’ingegneria elettronica e dell’informazione assorbe poco più di un terzo del totale assunzioni di laureati previste.

La tecnologia si ritrova anche tra gli indirizzi di diploma più richiesti, con l’indirizzo informatico che si colloca al secondo posto tra quelli più domandati, dopo quello amministrativo/ commerciale che primeggia sfruttando la sua trasversalità di impiego. Seguono gli indirizzi meccanico, turistico-alberghiero e artistico. Turismo e meccanica prevalgono anche tra gli indirizzi di qualifica professionale, tra cui emerge anche l’indirizzo legato al sistema moda, uno dei volti del nostro Made in Italy.

Maggiore qualificazione richiesta, maggiore la difficoltà di reperimento

Ricercando a tutti i livelli personale altamente qualificato, preparato, competente e con esperienza, le imprese della cultura incontrano chiaramente maggiori difficoltà a reperire le figure di cui necessitano rispetto alle altre imprese. In media, è ritenuto "difficile" il 19,6% di tutte le assunzioni programmate nel 2012, contro una media generale del 15,9%, con una punta del 21,9% nel caso delle professioni culturali. La principale lamentela riguarda le difficoltà legate maggiormente a carenze di preparazione (associate al 55% delle figure difficili da reperire) piuttosto che alla carenza di offerta (45%).

Al contrario, rispetto ai profili low-skill la principale motivazione alla base delle difficoltà di reperimento è indicata nella carenza di candidati: sul totale assunzioni giudicate difficili, il 66% si spiega in questo modo, mentre solo il 44% è legato all’inadeguatezza della preparazione dei candidati. Segno di un presumibile declino di alcune professioni, magari di stampo più artigianale, che non sembrano catturare l’interesse dei più o meno giovani.

Per chi ce la fa, è un pò più facile avere un contratto a tempo indeterminato
 
Infine, uno sbocco occupazionale nel sistema produttivo legato alla cultura, rispetto alle altre imprese, sembra però comportare più possibilità di stabilità contrattuale (assunzioni a tempo indeterminato: 43% contro 41%) e ancor di più se si tratta di una professione culturale (48%).



Unioncamere.gov.it

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