giovedì 24 maggio 2012

Guido Gozzano e la corrente letteraria crepuscolare

Gli amori impossibili, La via del rifugio e l’enfasi poetica per la corrente cosiddetta, «crepuscolare».











di Claudio Esposito

Siamo agli inizi del Novecento, precisamente nella primavera del 1907, quando in Italia, uscirono per la prima volta in assoluto, una raccolta di trenta poesie, intitolata appunto, “La via del rifugio”, lo stesso titolo riportato come il testo di una delle più «controverse rime», partorite dalla mente innovativa e per alcuni, «ignoto», di un giovane esordiente torinese, allora ventiquattrenne, di «questa cosa vivente detta guidogozzano!». Un breve «corpus memorando» di solo poesie gozzaniane, esclusivamente inedite e interamente dedicate, al gusto dell’essenza umana e un omaggio, in chiave prettamente sarcastica, alle cose semplici e intime della nostra vita quotidiana, di effimeri e struggenti passioni, di versi liberi, di brevi momenti di «crisi» esistenziale e di piccoli attimi di meditazione, di afflizione spirituale, maggiormente descritte in maniera razionale, determinato, come un chiodo fisso, il tema sveviano-mimnermiano della senilità e il «crepuscolo» dell’essere, quest’ultimo ritenuto come il tema caro del poeta di “La signorina Felicita ovvero la Felicità”, che « a quest'ora scende la sera nel giardino antico della tua casa. Nel mio cuore amico scende il ricordo. E ti rivedo ancora…», che diede di seguito il nome alla nuova corrente letteraria italiana, chiamata appunto, il crepuscolarismo. Uno di questi, freschi di scrittura e soprattutto «eleganti» promotori della nuova generazione in campo letterario, dopo Sergio Corazzini, Corrado Govoni e l’ironico autore di “Sorelle materassi” di Aldo Palazzeschi, fu appunto, Guido Gustavo Gozzano, ricordato quest’ultimo, come il vate anti-decadente e «indiscutibile» promotore della poesia d’avanguardia italiana, nonostante sia stato in vita, un fervido e appassionato lettore delle opere di Giacomo Leopardi, Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio, Francesco Petrarca, Angelo Poliziano, Gaspara Stampa, Ugo Foscolo, Gabriele D’Annunzio, Italo Svevo, Giovanni Pascoli, Giosue Carducci, John Milton, il «visionario» Friedrich Schiller, John Keats e dei «poètes maudits», cioè i famosi versi storici di Charles Baudelaire, Arthur Rimbaud, Stéphane Mallarmé appartenenti, quest’ultimi, alla categoria dei cosiddetti, «poeti maledetti».
Guido Gustavo Gozzano, semplicemente chiamato con il nome di Guido Gozzano, nasce a Torino il 19 dicembre del 1883. Fin dalla nascita, il suo stato di salute, purtroppo, era già segnato da una grave forma di malattia, forse, colpito dalla tisi durante i primi anni d’infanzia che lo costrinse ad intraprendere gli studi cosiddetti «puerili» a casa sotto il controllo di un tutore, visto che la sua famiglia disponeva i mezzi necessari per pagare e far studiare, al meglio e senza problemi, il piccolo futuro poeta, oltre a stare, per settimane intere a letto e senza poter giocare liberamente all’aria aperta. Difatti, questo «mal di petto», silenzioso e fatale, come spesso lo descrivono a malincuore nei loro versi, gli autori che in passato furono colpiti dalla tubercolosi, tra cui, Guido Gozzano. Durante gli anni di sofferenza fisica, di continue cure e un fluire interminabile viavai di medici nelle stanze del palazzo di casa Gozzano e gli studi, purtroppo, a singhiozzo e di malavoglia, nonostante il poeta dedicava la maggior parte del suo tempo, solo ed esclusivamente, alla letteratura, la vera medicina per guarire, soprattutto dalla solitudine e dal pensiero fisso e «indelebile» della morte, quest’ultimo molto ricorrente e spesso descritto dallo stesso autore, durante i periodi più critici, se così li possiamo definire, del «male sottile». Terminati gli studi liceali presso il collegio nazionale di Savigliano, in provincia di Cuneo, e la prima soddisfazione in ambito letterario di vedere pubblicati il suo nome, per alcuni del tutto sconosciuto, sui fogli di una rivista torinese, i suoi primis versi «maturi» d’impronta, senza ombra di dubbio, dannunziana-pascoliana, oltre alla presentazione di un brevissimo racconto, intitolato semplicemente con il nome di “La passeggiata”, il giovane poeta deve affrontare, mettendo da parte, i suoi problemi legati al suo stato di salute che, man mano continuavano ad aggravarsi, le continue critiche e di delusioni ammonimenti ricevuti, purtroppo, da parte dei suoi familiari per aver abbandonato, non del tutto, gli studi giuridici (senza mai conseguire la laurea) per dedicarsi alla scrittura e alla letteratura. Difatti, proprio questo suo grande amore indistruttibile verso la lettura e lo studio di quella materia, chiamata appunto, letteratura, che Guido Gozzano dava libero sfogo a una vera passione di «vita e di mestiere», dedicando appunto tutte le sue forze pur di non deludere il suo pubblico, ma soprattutto, se stesso. «Scrivere». Questo era il suo motto che ogni giorno lo accompagnava, quotidianamente dritto, dritto a sedersi sulla scrivania della sua camera da letto oppure sul tavolo del giardino di casa, quest’ultimo ritenuto il luogo tra i più preferiti, montani del poeta, il suo vero «rifugio nostalgico» adatto, appunto per abbozzare su fogli di carta bianca, a volte accompagnati da una bella tazza di thè e scrivendo di getto, senza distrarsi, dagli insoliti rumori, dall’odore del fumo della sigaretta, mettendo «nero su bianco», i suoi più ardui componimenti poetici. Guido Gozzano iniziò ben presto ad intraprendere la carriera di poeta, anche se la sua notorietà avviene qualche anno dopo il 1911, grazie alla pubblicazione della famosa raccolta autobiografia di “I colloqui” e qualche anno dopo con “I tre talismani”, una piccola raccolta di sei fiabe per bambini, che si aggiudica, infatti, il posto come collaboratore «esclusivo» presso alcune riviste e quotidiani nazionali come “La Stampa”, “La lettura” e “Il Corriere dei Piccoli”. Successo, purtroppo interrotto, già da molti mesi addietro, dalla tormentosa e difficile relazione platonica di «corrispondenza amorosa» avuta con la poetessa e scrittrice italiana Amalia Guglielminetti e gli innumerevoli viaggi salutari in luoghi più caldi del mondo che il poeta dovrà affrontare, dietro consiglio del suo medico pur di dare una lieve e debole speranza alle sue terribili sofferenze, nonostante il suo fisico andava man mano indebolendosi, a causa dell’aggravarsi della malattia. Durante i primi freddi dell’anno 1912, Guido Gozzano stanco e soprattutto debilitato, decide comunque di recarsi in India, dove vi rimase per diversi mesi dividendosi tra brevi passeggiate mattutine, gite tra i luoghi più incantati del continente, cure e l’amore verso la scrittura e la lettura. Difatti, durante il soggiorno indiano, Guido Gozzano non abbandonerà mai, neanche per un giorno, di sfogliare e soprattutto di leggere, come un devoto e fervido credente, le pagine di libri degli autori preferiti, da lui accuratamente scelti prima di partire per poi accoccolarsi, in mezzo alla natura e alla brezza calda e toccasana di quel clima scelto apposta per allievare, solo per un breve periodo, il «male oscuro» che da anni, braccava senza sosta, nella vita del poeta. Malattia, che di seguito portò la morte prematura del poeta, a soli trentatré anni nella sua amata terra di Torino il 9 di agosto del 1916. Guido Gozzano fu autore oltre ai famosissimi versi anti-crepuscolare di “La via del rifugio” e il suo diario «eterno» di memorie e «…reduce dall'Amore e dalla Morte… gli hanno mentito le due cose belle… un libro di passato, ov’io reprima il mio singhiozzo e il pallido vestigio riconosca di lei, tra rima e rima… l’età cupa dei vinti, poi la vecchiezza…», brevi, ma intensi frammenti tratti dalla raccolta dei“ I colloqui”, scrisse in vita un’antologia di lettere intitolata, “Verso la cuna del mondo. Lettere dall’India”, pubblicate post-mortem insieme alle indimenticabili collane di epistole scritte dallo stesso autore durante gli anni amorosi e conflittuali con la poetessa Amalia Guglielminetti, intitolate nientemeno con il nome di “Lettere d’amore”. 

«Rileggo ogni giorno la tua lettera, mia buona Amalia, con una grande malinconia… … … penso a tante cose, sopra tutto, avvenire; e penso anche a te, con molta tenerezza e con molta serenità… … … Io provo una soddisfazione speciale quando rifiuto qualche bella felicità che m’offre il Destino. 
E quale felicità, Amica mia!

Frammenti di “Lettere d’amore” scritta il 30 di marzo del 1908 da Guido Gozzano ad Amalia Guglielminetti, apparsi per la prima volta in un’edizione speciale del 1951. 

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