La riduzione
del debito pubblico in sanità nel Molise è in stand by. Il Tribunale
Amministrativo blocca le azioni del governo regionale, che mira a ridurre e tagliare
gli ospedali periferici, per far rientrare in qualche modo il debito sanitario cresciuto
a dismisura negli ultimi anni.
Ad Agnone qualche giorno fa è giunta la sospensiva del Tar al ridimensionamento dell’ospedale Caracciolo. Con questa pronuncia, il piano di riordino proposto, va a farsi friggere. Di fatto è una sentenza che probabilmente sarà mutuata anche dagli altri nosocomi periferici a rischio.
Tale decisione
giudiziaria – amministrativa, continuerà a far crescere il debito. La
macchina sanitaria, in attesa di chissà quale miracolo, manterrà gli stessi
costi gestionali, lapidari, di sempre.
Il lavoro del commissario e del sub commissario ad acta, trovano
quindi, non solo le bocciature del tavolo Massicci, ma anche del Tribunale
amministrativo che rimanda le decisioni necessarie a contenere quella cifra
abnorme scaturita da anni di gestione dissennata della sanità regionale, il
cui utilizzo, era principalmente finalizzato ad elargire posti di lavoro e primariati in
cambio di voti.
Le cose, per
chi ha ereditato questa rogna, quale il Presidente Frattura, non si mettono
bene, anzi, si rischia il tracollo e l’impossibilità a breve di non poter più garantire quei servizi essenziali al cittadino nell’ambito di servizi alla
salute. 200 milioni
di euro devono rientrare, ma in che modo? Il tavolo
romano sulla sanità molisana, ha bocciato la proposta di Psr, proprio per non
aver indicato come rientrare dal debito pregresso.
Non è facile
assumere decisioni in merito, forse è impossibile farlo, a meno che non si
aumentino le tasse all’inverosimile, si ponga sui cittadini molisani la spada
di Damocle del debito, che oggi incide sui 300.000 abitanti del Molise per
circa 667 euro pro – capite.
Il governo
regionale si assumerà questo gravoso compito, in un momento drammatico, in cui
paghiamo già lo scotto di accise massime sui carburanti, e sulla stragrande
maggioranza delle gabelle rivolte sempre al limite di eccesso, per permettere alla
macchina amministrativa sanitaria di resistere e garantire il minimo ordinario?
In un
periodo di crisi occupazionale che non si era mai registrato dal dopoguerra ad
oggi, quale scelta più impopolare per un presidente /commissario adottare
misure rivolte ad un’altra castrazione chimica dell’economia delle singole
famiglie, pur di sgravare l’amministrazione regionale del debito sanitario?
Chi porrà
rimedio allo sfacelo della sanità pubblica regionale è difficile dirlo, oppure
no! Se vi fosse
già la consapevolezza di non voler decidere, in quanto ogni decisione
risulterebbe impopolare e l’agonia dettata dai ricorsi al Tar giocasse a favore
della non decisione? Accadrebbe, che il ministero della Salute, toglierebbe la
grana del commissariamento – per legge spetta al presidente della regione – e lo
affiderebbe ad un commissario esterno, che non avrebbe scrupoli –politici- a
ricondurre sulla dritta via le storture dei surplus di personale amministrativo
negli ospedali.
Egli eliminerebbe i nosocomi periferici, non più in grado di operare da anni, e il quadro pur incidendo sempre sui cittadini che non potranno sottrarsi a pagare direttamente lo scotto del debito pregresso, si rivelerebbe una via d’uscita –sempre politica- indolore per Frattura.
In questo
modo, il presidente, emulando il buon Ponzio Pilato, raggiungerebbe tre obiettivi
oggi molto lontani: salvare la faccia per scelte impopolari, azzerare il debito
e limitare la spesa sanitaria per il futuro. Se fosse
vero: come dargli torto? Vi
chiederete come uscirne diversamente? Forse, solo rinunciando all'autonomia, confluendo in una macro regione e spalmando il debito sanitario, su una popolazione
più congrua di numero e di risorse.
P.T.
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