giovedì 25 settembre 2014

L'Africa si ribella. Furia nera a Campobasso: alle origini del folle gesto del ragazzo nigeriano.


Non vogliamo limitarci a riportare semplicemente la cronaca ampiamente pubblicata dalle testate giornalistiche, sul grave episodio verificatosi ieri a Campobasso, all’uscita delle scuole, dove un ragazzo 32 enne nigeriano armato di sbranca di ferro, ha distrutto i vetri di diverse auto in sosta lungo Viale Manzoni nei pressi del sottopasso. Una strada frequentatissima da studenti universitari e scolari. 


 
Le minacce del giovane immigrato si stavano rivolgendo direttamente ai passanti, quando sono intervenuti i Carabinieri che pur ricevendo qualche colpo, hanno immobilizzato il malintenzionato e in seguito tratto in arresto.

I fatti “sic et simpliciter” farebbero pensare ad uno squilibrato che soffre di qualche patologia neuropsichiatrica, ma siamo sicuri che questo ragazzo sia malato o semplicemente non stia vivendo, come gli oltre mille ospiti molisani, una situazione non proponibile alla sua età su un territorio in cui fuggono gli stessi residenti?

Proviamo per un momento – ponendo da parte i commenti xenofobi a cui ci si è ispirati nelle ultime ore per criticare l’avvenimento – a calarci nei panni di uno di questi figli dell’Africa.

Dopo avere evitato di essere fatto a pezzi con il machete, scampando mille volte alla morte, sei giunto su un porto. Ti imbarchi su una carretta che a stento si regge con decine di profughi che come te fuggono dalla guerra, dalla disperazione, avendo perso amici e parenti.

 Iniziano venti giorni di schiavitù su un barcone, dove non è possibile nemmeno defecare, se non lo fai davanti a cento persone. Ti ritrovi a Lampedusa, dopo aver rischiato di affondare ogni momento: l’isola del delirio italiano della finta ospitalità. 

Sei indebolito, senza nessuna prospettiva per il futuro, con l’unica speranza di poter sopravvivere mangiando e bevendo qualcosa. Eccoti su un bus che notte tempo ti trasporta per circa 10 ore in un territorio sconosciuto. Senza indumenti, puzzando come una capra - non hai la possibilità di lavarti da mesi – ti accolgono come un bue che scende dal camion per essere macellato, ma è già tanto rispetto a quello che hai passato: Ulisse con la sua Odissea ti fa un baffo. 

Giungono solo adesso i sanitari che come un vitello ti guardano in bocca e ti sottopongono ad alcuni esami per verificare il tuo stato di salute. Tutto bene sei stato fortunato, da oggi vivrai in Molise, fino a quando non è dato sapere. 

Ti informano che lo Stato mette a tua disposizione vitto e alloggio e una piccola diaria di 5 euro al giorno, sei contento, pensi che con 150 euro al mese potrai quasi diventare ricco, ma poi a malincuore scopri che a stento, se fumi, potrai comprarti le sigarette. Ed inizia qui la nuova vita per te profugo nigeriano.

 Le giornate si alternano tra i due pasti principali che attendi con piacere, poi la classica malinconia che attanaglia i galeotti. Ti ritrovi con gli amici di sventura su strade asfaltate e trafficate a camminare sotto il sole e le intemperie per giungere in un piccolo paese, dove tutti evitano di guardarti, di darti retta.

 Non hai la peste, eppure per tutti sei un non gradito. Non vedi una donna da mesi e le tue esigenze di giovane uomo sono bloccate da qualsiasi contatto con il sesso opposto. L’umore con il passare delle settimane si incupisce. Non lavori, non hai prospettive, non hai affetti, non hai una donna: sei un prigioniero in una terra inospitale a 30 anni sei morto dentro.

Come non pensare alla ribellione, ad un gesto estremo per dire: sono qui, sono vivo, vi siete dimenticati che esisto?
Un gesto non giustificabile, ma l’unico modo forse, per cambiare la tua sorte, magari in galera si sta meglio che fuori.

Questa descrizione, si avvicina molto alla realtà.

 Bisogna solo considerare che ieri poteva anche finire peggio. Non stupiamoci se un gruppo di questi giovani tra non molto possa bloccare e violentare qualche ragazza.

Non stupiamoci se episodi di questo tipo possano ripetersi con frequenza, come già avvengono in altre città italiane.

Ricordiamoci che loro vengono dalla disperazione e sono capaci di ribellarsi, non come noi pecore che accettiamo supinamente ogni vessazione come decisa dal divino.
La colpa, infine, non è dei profughi, ma di quei quattro scellerati che hanno avuto la brillante idea di montare l’operazione “Mare Nostrum”, non tenendo conto degli effetti collaterali. Un'operazione che arricchisce gli scafisti, crea situazioni di grandi rischi sanitari e stimola violenza pura.
                                                                                                                     P.T.


2 commenti:

Rino Ziccardi ha detto...

Mi sono letto quasi tutti i commenti, in silenzio,sull'episodio del giovane NEGRO che ha sfasciato un poco di macchine. Ho letto di pena di morte, di rimandarli a casa, di sbatterli in galera e buttare la chiave, di razzismo, w il duce, di acqua minerale, di stipendi mensili, e tutto l'armamentario usato in casi del genere. A questo giovane è stato, praticamente, detto da tutti, statti vicino al supermercato, tendi la mano, aspetta l'obolo del buon samaritano e non rompere i coglioni alle nostre macchine parcheggiate, anche se sei in uno stato di crisi nervoso, se nessuno ti cura o si preoccupa per te, devi stare al tuo posto. Noi non abbiamo niente contro i NEGRI, ci piacciono e li accogliamo, specialmente se fanno gol la domenica, se vincono i 100 metri, se suonano bene il sassofono, la tromba o il jazz, tanto che compriamo tutti i dischi e organizziamo i loro concerti. Non ci piacciono se rompono i vetri del nostro benessere, anche perché poi chi paga? Ci piacciono se stanno a casa loro e li andiamo a trovare quando possiamo, portiamo benessere e civiltà, ci godiamo le loro spiagge, i loro pesci, le loro collanine e li evangelizziamo con la parola di DIO. A casa nostra lasciamo che siano i Papi e i vescovi a parlare per noi, li ascoltiamo e preghiamo insieme a loro applicandone i principi. Pensate, i nostri vestiti dismessi glieli portiamo alla Caritas, nelle chiese e negli oratori. Insomma, li accogliamo, li vediamo intorno a noi e ci piacciono perché movimentano il troppo bianco. In fondo, gli chiediamo solo di essere bravi a casa nostra come noi siamo bravi a casa degli altri: E. sempre in fondo, gli chiediamo di sistemarsi a casa loro, anche se qualcuno gliele distrugge, tanto poi gliele ricostruisce facendogliele pagare a rate.Dopo l'episodio, sono sicuro che quello che è successo ieri, non succederà più, perché quei NEGRI hanno capito, hanno capito che quelle cose non si fanno, e glielo hanno spiegato bene i pensatori destrelli/e e sinistrelli/e che affollano questo mondo virtuale. Rino Ziccardi

Futuro Molise ha detto...

Spero vivamente che episodi del genere non debbano più accadere, ma ho il timore che accadranno!