venerdì 4 luglio 2014

Al centro di Isernia 4 uomini rumeni dormono da mesi all’addiaccio ignorati da tutti, nella povertà assoluta.










Mentre l’Isernia bene e d’abbene, pone la sua attenzione sui corsi principali addobbati a festa e lo struscio dei pennelli sui lampioni  quasi finiti, riverniciati a nuovo, sono coperti dal rumore metallico delle transenne che invadono i corsi principali in attesa del passaggio dell’erede di Pietro; nessuno fa caso che a pochi metri da corso Garibaldi, nel retro del capannone delle ferrovie ex scalo merci, quello esposto e occultato dall’altra struttura delle ferrovie, divenuta “officina della cultura”, si consuma quotidianamente e da mesi oramai: la saga della povertà assoluta.
Tra escrementi, bottiglie semivuote, cartoni e pagliericci, 4 uomini di origine rumena vivono là, dormono e bivaccano all’addiaccio nelle quattro stagioni che il padreterno comanda.
Nelle notti fredde accendono il fuoco, per quel necessario tepore che rende sopportabile il gelo nei sacchi a pelo, nella solitudine di una vita di stenti che rasenta l’inferno in terra, a pochi metri dall’opulenza, da case calde e figli viziati.
Ecco come siamo ridotti, nella più miserabile della considerazione umana, tutte le istituzioni sanno e tacciono, in uno scarica barile di competenze che meraviglia chi ci informa delle numerose segnalazioni effettuate e delle altrettante lavate di mano dei preposti a risolvere il problema.
Intanto ogni sera, dopo che l’ultimo treno transita in stazione, i 4 si avviano verso la loro casa all’aperto, inforcano trasversalmente l’unico passaggio a livello cittadino, per raggiungere quel luogo inospitale, ma tranquillo, dove possono anche ubriacarsi per non pensare allo stato di degrado a cui sono costretti.
Il giorno seguente, alle prime luci dell’alba, prima che il sorvegliante della stazione apra le porte ai viaggiatori, vanno via in attesa di elemosinare, all’apertura dei supermercati, i pochi spiccioli di euro per la sopravvivenza.
Come in un girone infernale dantesco, la loro vita si trascina di giorno in giorno, in attesa che possa giungere il miracolo.
 In questa città così perbenista, sperano che qualcuno si svegli e si accorga di loro e delle poche esigenze che essi hanno.   
E la cronaca della bontà e dell’ospitalità si fa mediatica e si gonfia di associazionismo disponibile alla carità, con l’arrivo di migranti col guadagno certo e certificato delle strutture ospitanti, nella garanzia di sopravvivenza degli ospiti che godono di protezione e del necessario per sopravvivere.
Nel nostro caso no, è una rogna per tutti, nessuna salvaguardia per i nostri 4 poveri cristi, fino a ieri extracomunitari e oggi cittadini europei.
Dove sono le istituzioni, le associazioni umanitarie, le dame della carità e della bontà, si sono perse nell’ultima intervista “spara pose” sul loro impegno indefesso al servizio dei protetti migranti, paladine della facile carità?
Qui non ci sono.
 Ad un passo dal loro naso, vige l’omertà, la mancata considerazione di vite in stato di bisogno assoluto.
A pochi metri dalla modernità, si sprofonda nel becero medioevo.


P.T.

Nessun commento: