E' la drammatica testimonianza delle difficoltà in cui versa il nostro Paese: questo il commento dell'Ufficio Studi Confcommercio ai dati diffusi ieri dall'Istat.
La conferma di una flessione del Pil dell'1,9% nel 2013, -8,5% nei confronti del 2007, un calo dei consumi del 2,6% - dal 2007 la riduzione è stata del 7,6% - ed una contrazione dell'occupazione di 450mila unità - dal 2008 si sono persi oltre 1 milione e 700mila posti di lavoro - sono solo alcuni dei numeri che fotografano lo stato di crisi del Paese.
In termini pro capite, il quadro risulta ancor più allarmante. Nel solo biennio 2012-13 la flessione del Pil sfiora il 5% in termini cumulati, quella della spesa per consumi il 7,3%, gli investimenti crollano di oltre il 13%, a testimonianza di una situazione di pesante difficoltà di tutta la domanda interna.
E' proprio l'eccezionale riduzione dei consumi a spiegare, assieme alla cancellazione dell'IMU, la riduzione, peraltro marginale, della pressione fiscale, dal 44% del 2012 al 43,8% del 2013, contro una previsione del 44,3%. I consumi con IVA più elevata sono quelli diminuiti di più, sia in termini reali che in termini nominali. Le aree dell'abbigliamento e delle calzature, dei mobili e degli elettrodomestici, dei trasporti e delle comunicazioni perdono complessivamente quasi 10 miliardi di spesa nominale, con la conseguente rilevante contrazione del gettito sulle imposte indirette.
L'unica voce della spesa delle famiglie che continua a tenere è quella per l'abitazione e l'energia, consumi incomprimibili.
Pertanto, si conferma la patologica condizione delle famiglie italiane, strette da redditi decrescenti a causa di una pressione fiscale da record e consumi obbligati che erodono quote significative di potere d'acquisto e libertà di scelta.
Il rapporto debito/Pil, che ha raggiunto la cifra record del 132,6%, e quello dell'indebitamento rispetto al Pil, ancorato al 3,0%, dicono con chiarezza che la cura, anche per il bilancio pubblico, non può essere fondata sulle imposte e sulle tasse. Senza una decisa e improrogabile svolta su questo punto, anche il 2014 sarà un anno straordinariamente difficile per l'economia italiana.
In termini pro capite, il quadro risulta ancor più allarmante. Nel solo biennio 2012-13 la flessione del Pil sfiora il 5% in termini cumulati, quella della spesa per consumi il 7,3%, gli investimenti crollano di oltre il 13%, a testimonianza di una situazione di pesante difficoltà di tutta la domanda interna.
E' proprio l'eccezionale riduzione dei consumi a spiegare, assieme alla cancellazione dell'IMU, la riduzione, peraltro marginale, della pressione fiscale, dal 44% del 2012 al 43,8% del 2013, contro una previsione del 44,3%. I consumi con IVA più elevata sono quelli diminuiti di più, sia in termini reali che in termini nominali. Le aree dell'abbigliamento e delle calzature, dei mobili e degli elettrodomestici, dei trasporti e delle comunicazioni perdono complessivamente quasi 10 miliardi di spesa nominale, con la conseguente rilevante contrazione del gettito sulle imposte indirette.
L'unica voce della spesa delle famiglie che continua a tenere è quella per l'abitazione e l'energia, consumi incomprimibili.
Pertanto, si conferma la patologica condizione delle famiglie italiane, strette da redditi decrescenti a causa di una pressione fiscale da record e consumi obbligati che erodono quote significative di potere d'acquisto e libertà di scelta.
Il rapporto debito/Pil, che ha raggiunto la cifra record del 132,6%, e quello dell'indebitamento rispetto al Pil, ancorato al 3,0%, dicono con chiarezza che la cura, anche per il bilancio pubblico, non può essere fondata sulle imposte e sulle tasse. Senza una decisa e improrogabile svolta su questo punto, anche il 2014 sarà un anno straordinariamente difficile per l'economia italiana.
Nessun commento:
Posta un commento