giovedì 23 maggio 2013

Rapporto annuale 2013 di Istat: Un milione di occupati in meno, boom del part-time

Consumi giù, sei milioni senza lavoro. Sempre più donne mantengono la famiglia. Crolla il potere d’acquisto: -4,8%.






La disoccupazione è aumentata del 30,2%, pari a 636mila unità, oltre un milione in più dal 2008. Mentre il calo del potere d'acquisto delle famiglie, causato soprattutto "dall'inasprimento del prelievo fiscale", ha provocato la più forte riduzione dei consumi dagli anni Novanta.

L’Italia ha "la quota più alta d’Europa" di giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano né studiano. Si tratta dei cosiddetti Neet, arrivati a 2 milioni 250 mila nel 2012, pari al 23,9%, circa uno su quattro: in un solo anno sono aumentati di quasi 100 mila unità. Se si sommano le forze di lavoro potenziali - 3milioni e 86mila persone disposte a lavorare anche se non cercano oppure alla ricerca di un lavoro ma non immediatamente disponibili e inclusi tra gli inattivi - ai disoccupati, il numero di persone potenzialmente impiegabili nel processo produttivo si avvicina ai 6 milioni di individui.

Secondo l'Istat, "tra le forze di lavoro potenziali é aumentata la quota di quanti dichiarano come motivazione della mancata ricerca lo scoraggiamento: non si cerca più un lavoro perché si ritiene di non poterlo trovare e, anche in questo caso, il fenomeno interessa soprattutto le donne, in particolare il Mezzogiorno".

La disoccupazione é aumentata del 30,2%, pari a 636mila unità, oltre un milione in più dal 2008: quasi la metà dei nuovi disoccupati del 2012 ha tra i 30 e i 49 anni e, inoltre, un disoccupato su due lo é da almeno un anno. Le persone in cerca di occupazione da almeno 12 mesi, spiega l'Istat, sono aumentate dal 2008 di 675mila unità e nel 2012 rappresentano il 53% del totale, contro una media Ue27 del 44,4%. La durata media della ricerca di un nuovo lavoro é pari a 21 mesi - 15 mesi nel Nord e 27 mesi nel Mezzogiorno - e arriva a 30 mesi per chi é in cerca di una prima occupazione.

Lo scorso anno é aumentato sia il ricorso alla cassa integrazione sia la probabilità di transitare verso la disoccupazione. La crisi ha profondamente cambiato il mondo del lavoro, hanno spiegato gli esperti Istat: raddoppiando il part-time involontario e abbattendo il lavoro standard; colpendo l'occupazione maschile, specie gli immigrati (marocchini e albanesi) e aumentando (seppur moderatamente) l'occupazione femminile; penalizzando il lavoro qualificato a vantaggio di quello non qualificato e lasciando sul mercato gli ultracinquantenni a spese dei giovani. In generale, nel 2012 l'occupazione é diminuita dello 0,3% su anno, pari a 69mila unità in meno, e del 2,2%, pari a 506 mila unità, dal 2008, anno d'inizio della crisi.

E le imprese? Giocano in difesa e subiscono la crisi. Le strategie adottate negli ultimi anni, registra l'Istat, sono prevalentemente di tipo difensivo: nel 2011 circa il 64% delle piccole aziende e il 69,4 delle grandi ha cercato di mantenere le proprie quote di mercato.
Il potere d'acquisto delle famiglie è diminuito del 4,8%. Si tratta di una caduta di intensità eccezionale che giunge dopo un quadriennio caratterizzato da un continuo declino”, si legge nel rapporto annuale dell'Istat. "A questo andamento hanno contribuito soprattutto la forte riduzione del reddito da attività imprenditoriale e l'inasprimento del prelievo fiscale".

Il Paese è attraversato non soltanto da una profonda crisi economica, ma anche da una diffusa insoddisfazione dei cittadini verso la politica e le istituzioni pubbliche. La fiducia dei cittadini nelle istituzioni è su livelli bassi: in una scala da 0 a 10, giudizi più positivi vengono attribuiti soltanto ai vigili del fuoco e alle forze dell'ordine, mentre i partiti politici sono a livelli minimi.

E' il quadro tracciato dall'Istat nel Rapporto annuale 2013. In particolare, un voto da otto a dieci viene attribuito dal 66,2% della popolazione di 14 anni e più ai vigili del fuoco (punteggio medio 8,1), dal 34% alle forze dell'ordine (6,5), dal 4,8% al Parlamento italiano (punteggio medio 3,6) e solo dall'1,5% ai partiti politici, che ricevono come punteggio medio 2,3. La fiducia nelle istituzioni locali si colloca a un livello intermedio: al governo regionale e provinciale viene assegnato dai cittadini un punteggio medio pari a 3,7, a quello comunale 4,5.

Nessun commento: