giovedì 15 marzo 2012

Giulio Rivera, uomo di scorta di Aldo Moro ucciso il 16 Marzo 1978

Per non dimenticare il giovane molisano Giulio Rivera, uomo di scorta di Aldo Moro, ucciso insieme agli altri uomini della scorta il 16 Marzo 1978 nell'agguato di Via Fani.









Sono trascorsi trentaquattro anni da quando quel triste e angoscioso giovedì mattina del 16 marzo del 1978, giorno dell’indimenticabile «strage di via Fani», avvenimento che cambiò per sempre la storia della nostra Repubblica italiana. Roma, la celebre «caput mundi», come la descrisse il poeta latino Marco Anneo Lucano nella sua “Pharsalia”, nel giro di pochi secondi, intorno le ore 9 di mattina, in un incrocio di via Mario Fani, un commando delle Brigate Rosse uccidono in un agguato a fuoco, cinque uomini della scorta e rapiscono il presidente di allora della Democrazia Cristiana, Aldo Moro. Una pioggia infinita di proiettili irrompe la tranquillità quotidiana e via Fani si tinge all’improvviso di sangue dei corpi di cinque giovani vittime. Un massacro di vite umane che difficilmente si dimentica anche per coloro che a quell’epoca ancora non erano nati. Immagini raccapriccianti di una carneficina che ci lascia sbalorditi quando ci troviamo di fronte a tanto orrore. Una ferita ancora aperta che ogni anno si riapre con immenso dolore soprattutto per i familiari delle vittime di Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Francesco Zizzi e Giulio Rivera. Quest’ultimo era il più giovane della scorta. Aveva solo 24 anni. Una giovane vita spezzata per sempre e atrocemente in una manciata di secondi. Otto proiettili massacrano le speranze e i sogni futuri di un ragazzo nato il 1 di agosto del 1954 a Guglionesi, in provincia di Campobasso. Infatti, Giulio Rivera, era molisano quando giovanissimo decide di arruolarsi  nel 1974, a soli vent’anni, nella Pubblica Sicurezza per poi essere chiamato a fare parte come agente di scorta dell’onorevole Aldo Moro. Anche quella tragica mattina del 16 marzo del’78, Giulio Rivera era alla guida dell’Alfetta di colore bianco. Insieme a lui al momento dell’agguato, viaggiavano Francesco Zizzi al posto del passeggero, mentre l’altro collega, Raffaele Iozzino stava seduto sul sedile posteriore. Avanti a loro, invece, camminava la Fiat 130 blu con a bordo il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro e con altri due agenti di scorta, Domenico Ricci alla guida e Oreste Leonardi al suo fianco. Pochi istanti dopo, i loro corpi crivellati di colpi e riversi in una pozza infinita di sangue faranno purtroppo da sfondo su tutti i quotidiani dell’epoca e tv locali che immediatamente, in un edizione straordinaria, comunicarono ancora scossi dell’accaduto, il rapimento di Aldo Moro e i nomi dei cinque agenti di scorta uccisi, tra cui il guglionesano Giulio Rivera. Una morte istantanea e la giovane vita di un ragazzo di soli ventiquattro anni sarà spezzata per sempre sull’asfalto dell’incrocio fatale tra via Mario Fani e via Stresa, teatro del massacro. Dopo la terribile strage, il sequestro e una lunga prigionia di 55 giorni, il 9 di maggio dello stesso anno, il corpo assassinato di Aldo Moro fu ritrovato nel baule posteriore di una Renault 4 di colore rossa in via Caetani a Roma. Gli abitanti di Guglionesi, ogni anno ricordano con grande commozione e onore il loro caro amico e compaesano Giulio Rivera. Un appuntamento di cordoglio che tutti partecipano calorosamente per deporre una corona di fiori e di alloro sulla lapide sepolcrale dove il giovane poliziotto riposa nel cimitero di Guglionesi dal quel lontano 18 marzo del 1978. Infatti, «all’ombra de’ cipressi…», come scrisse il Foscolo nel famoso carme “Dei Sepolcri”, parlando appunto di dimora eterna, si intravede la sua inconfondibile foto da giovane ragazzo con addosso la sua fedelissima divisa e la scritta bianca di quel nome che tristemente ricorda la storica strage di sangue avvenuta nella capitale durante gli anni duri di piombo. Il 16 di marzo del 1978 è una triste data da non dimenticare, come il nome dell’eroico molisano Giulio Rivera e di tutti gli uomini caduti vittime di strage.


Claudio Esposito

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