Il rapporto Svimez pubblicato nei giorni scorsi fotografa una situazione drammatica di recessione per tutte le regioni del Mezzogiorno che, trasposta in numeri, significa la perdita di più di 800mila posti di lavoro rispetto a sette anni fa. Lo scenario presentato è agghiacciante.
Nel Sud, nei cinque anni della crisi (2008-2013) il PIL è sceso del 13,3%, i nuclei familiari che vivono in povertà sono 1 milione e 14 mila, gli occupati sono tornati al livello del 1977 con un valore che oscilla intorno ai 5,8 milioni con una perdita di posti di lavoro italiani pari all’80% (rispetto al 2007 i posti di lavoro sono 800 mila in meno), i consumi sono scesi del 12,7%, gli investimenti totali del 33%, l’industria ha avuto un calo del 53,4%, le costruzioni del 26,7% e l’agricoltura del 44,6%. Non si tratta di lontani scenari apocalittici ma di numeri reali e impietosi dietro i quali si nascondono i problemi delle persone e di una terra che sta vivendo una “desertificazione umana e industriale”. Anche i dati della ripresa 2014-2015, qualora fossero confermati, parlano di un Meridione che vede il segno negativo sia sulla voce della produttività sia su quella dei consumi.
Tutti effetti della mancanza di una politica mirata al lavoro e allo sviluppo industriale, che dimostrano tristemente come sia necessario il rilancio a tutti i livelli della questione meridionale. La situazione del Molise e della Basilicata è ancora più drammatica della media del Mezzogiorno. Nel 2013 le due regioni perdevano rispettivamente il 3,2% e il 6% del PIL regionale, la prima attestandosi in posizione mediana tra le regioni del Sud, la seconda nella posizione peggiore. Ma il dato ancor più critico è quello cumulato nei cinque anni di crisi (2008-2013) che vede il Molise e la Basilicata subire entrambe una diminuzione della loro capacità produttiva superiore al 16%. Non a caso le performance peggiori le riscontriamo in due regioni simili tra loro per dimensioni, popolazione, densità abitativa, morfologia, cultura, tessuto industriale e infrastrutturale, tasso di spopolamento, sistema universitario poco consolidato e tanto altro. Due regioni che possono rialzare la testa solo unificando le azioni nei confronti del governo e dell’Europa e mettendo a rete i punti di forza che hanno in comune.
Ciò che è venuto fuori dal rapporto Svimez 2014 sull’economia del Sud, dovrebbe generare in tutti un senso di rivalsa che porti ad abbandonare le sterili divisioni, nemmeno più ideologiche ma solo tattiche, che spesso accompagnano il dibattito politico, per far posto ad una rivoluzione culturale nell’approccio dei problemi reali che abbia come cardine l’unità delle azioni affinché si anteponga concretamente l’interesse collettivo a quello individuale o di parte.
Solo su questo terreno possiamo impiantare la sfida del lavoro e della crescita, possiamo pensare di ricucire un’Italia divisa e diseguale e cambiare l’attuale assetto per cui un giovane del centro-nord statisticamente ha maggiore possibilità di trovare lavoro (e con esso la propria dignità sociale), di vivere nel luogo in cui è nato, di avere una famiglia, di avere accesso ad un servizio sanitario e infrastrutturale adeguato… più in generale di poter operare una pianificazione della vita supportata di fatto nella disponibilità dei diritti fondamentali, così come sanciti dalla Costituzione.
Come se ne esce? Sicuramente quanto fatto finora a livello nazionale non è sufficiente, accogliamo con grande positività lo sblocco per il Molise di 7,5 + 2 milioni di Euro e di circa 17 milioni per la Basilicata finalizzati all'attuazione della Garanzia Giovani, ma ciò non basta: quello che sarebbe necessario veramente è un piano di rilancio industriale con riforme strutturali sul mondo del lavoro che modifichino l'attuale rapporto tra domanda e offerta e che non siano le ennesime modifiche meramente contrattualistiche, poiché il problema del lavoro, nel mezzogiorno e nell'intero Paese, non è tanto una questione di regole ma di produttività e di incapacità, dell'attuale assetto, di assorbire la forza lavoro disponibile.
Non siamo così miopi da ritenere che lo sforzo di un singolo soggetto produca le soluzioni attese. Prioritarie saranno le scelte dei Consigli Regionali di Molise e Basilicata e la capacità che dimostreranno nel fare sponda tra loro nei confronti del Governo e dell’Europa. In questo senso per il Molise sarebbe vitale la stesura del “Patto per il Lavoro” e il riconoscimento “dell’Area di crisi Bojano-Isernia-Venafro”, questioni portate all’attenzione del governo e del parlamento dalle istituzioni regionali e dalla delegazione parlamentare, ma che ancora sono lontane dal risultato finale. Per la Basilicata sarebbe auspicabile un’attenta attuazione della Garanzia Giovani che non ripeta gli errori visti con il “Ponte per l’Occupazione”, nonché la razionalizzazione delle estrazioni petrolifere e delle attività connesse al fine di incentivare la formazione e l’occupazione dei giovani lucani. Ancora tanto si deve fare e nessuno si deve sentire esonerato dal dover affrontare una sfida che, se vinta, rappresenterebbe un fondamentale successo per le realtà territoriali, per il Mezzogiorno e per l’intero sistema Paese.
Nicola Palombo
Assemblea Nazionale Partito Democratico
GD Molise – Responsabile Lavoro e Attività Produttive
Francesco Milione
GD Basilicata - Responsabile Lavoro e Formazione
Tutti effetti della mancanza di una politica mirata al lavoro e allo sviluppo industriale, che dimostrano tristemente come sia necessario il rilancio a tutti i livelli della questione meridionale. La situazione del Molise e della Basilicata è ancora più drammatica della media del Mezzogiorno. Nel 2013 le due regioni perdevano rispettivamente il 3,2% e il 6% del PIL regionale, la prima attestandosi in posizione mediana tra le regioni del Sud, la seconda nella posizione peggiore. Ma il dato ancor più critico è quello cumulato nei cinque anni di crisi (2008-2013) che vede il Molise e la Basilicata subire entrambe una diminuzione della loro capacità produttiva superiore al 16%. Non a caso le performance peggiori le riscontriamo in due regioni simili tra loro per dimensioni, popolazione, densità abitativa, morfologia, cultura, tessuto industriale e infrastrutturale, tasso di spopolamento, sistema universitario poco consolidato e tanto altro. Due regioni che possono rialzare la testa solo unificando le azioni nei confronti del governo e dell’Europa e mettendo a rete i punti di forza che hanno in comune.
Ciò che è venuto fuori dal rapporto Svimez 2014 sull’economia del Sud, dovrebbe generare in tutti un senso di rivalsa che porti ad abbandonare le sterili divisioni, nemmeno più ideologiche ma solo tattiche, che spesso accompagnano il dibattito politico, per far posto ad una rivoluzione culturale nell’approccio dei problemi reali che abbia come cardine l’unità delle azioni affinché si anteponga concretamente l’interesse collettivo a quello individuale o di parte.
Solo su questo terreno possiamo impiantare la sfida del lavoro e della crescita, possiamo pensare di ricucire un’Italia divisa e diseguale e cambiare l’attuale assetto per cui un giovane del centro-nord statisticamente ha maggiore possibilità di trovare lavoro (e con esso la propria dignità sociale), di vivere nel luogo in cui è nato, di avere una famiglia, di avere accesso ad un servizio sanitario e infrastrutturale adeguato… più in generale di poter operare una pianificazione della vita supportata di fatto nella disponibilità dei diritti fondamentali, così come sanciti dalla Costituzione.
Come se ne esce? Sicuramente quanto fatto finora a livello nazionale non è sufficiente, accogliamo con grande positività lo sblocco per il Molise di 7,5 + 2 milioni di Euro e di circa 17 milioni per la Basilicata finalizzati all'attuazione della Garanzia Giovani, ma ciò non basta: quello che sarebbe necessario veramente è un piano di rilancio industriale con riforme strutturali sul mondo del lavoro che modifichino l'attuale rapporto tra domanda e offerta e che non siano le ennesime modifiche meramente contrattualistiche, poiché il problema del lavoro, nel mezzogiorno e nell'intero Paese, non è tanto una questione di regole ma di produttività e di incapacità, dell'attuale assetto, di assorbire la forza lavoro disponibile.
Non siamo così miopi da ritenere che lo sforzo di un singolo soggetto produca le soluzioni attese. Prioritarie saranno le scelte dei Consigli Regionali di Molise e Basilicata e la capacità che dimostreranno nel fare sponda tra loro nei confronti del Governo e dell’Europa. In questo senso per il Molise sarebbe vitale la stesura del “Patto per il Lavoro” e il riconoscimento “dell’Area di crisi Bojano-Isernia-Venafro”, questioni portate all’attenzione del governo e del parlamento dalle istituzioni regionali e dalla delegazione parlamentare, ma che ancora sono lontane dal risultato finale. Per la Basilicata sarebbe auspicabile un’attenta attuazione della Garanzia Giovani che non ripeta gli errori visti con il “Ponte per l’Occupazione”, nonché la razionalizzazione delle estrazioni petrolifere e delle attività connesse al fine di incentivare la formazione e l’occupazione dei giovani lucani. Ancora tanto si deve fare e nessuno si deve sentire esonerato dal dover affrontare una sfida che, se vinta, rappresenterebbe un fondamentale successo per le realtà territoriali, per il Mezzogiorno e per l’intero sistema Paese.
Nicola Palombo
Assemblea Nazionale Partito Democratico
GD Molise – Responsabile Lavoro e Attività Produttive
Francesco Milione
GD Basilicata - Responsabile Lavoro e Formazione
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