Quella che mi appresto a farvi conoscere è una storia di
ordinaria follia dello Stato contro il cittadino e le imprese. Una storia come
tante che stanno avvenendo anche nella nostra piccolissima realtà regionale. In
questo caso ad Isernia, nella cittadina più controllata e vessata d’Italia, a
cui non si può sfuggire a nulla in quanto vi sono più forze di polizia che
attività commerciali, artigianali e produttive. Dove è diventato impossibile
vivere e chi non ha fatto le valigie, le ha pronte piene nell’armadio, in
attesa solo di un miracolo che potrebbe non giungere mai.
Un’attività commerciale nel settore forniture mezzi
agricoli, da quasi 50 anni sul mercato, trasferita da padre in figlio, come quasi
tutte le attività commerciali, da un quinquennio in crisi si barcamena, non
riesce a onorare le tasse, pur mantenendo un controllo difficile, ma attento
con i fornitori che gli danno l’agio del credito, risultando un ottimo pagatore
con una storia recensita di tutto rispetto alle spalle.
Il commercialista, consiglia al titolare di questa impresa
di aspettare prima di recarsi in Equitalia per dilazionare il debito. Giunge a superare i 25 mila euro di dovuto in tassazione
varia, e la dilazione allo Stato viene concessa, come di prassi, dal privato
riscossore delle gabelle. Intanto la situazione economica si aggrava, vittima di una stagione
negativa, in cui le vendite scendono drasticamente e il nostro commerciante deve fare una scelta, o
mandare i figli a scuola e farli mangiare, oppure pagare le tasse. Un buon
padre di famiglia come egli è, opta per il sostegno alla sua famiglia.
Nel quinto mese di mancato pagamento, due operatori di
Equitalia si presentano nel magazzino e provvedono, sotto gli occhi impotenti ed
increduli del titolare, al pignoramento della merce per il valore intero dovuto
di circa 30.000 euro con i normali, inauditi interessi. Nominano custode di tali beni il titolare dell’azienda, che
da quel momento inizia a vivere un incubo da istigazione al suicidio. Non ha la possibilità di vendere la merce, non può più
garantire alla famiglia il sostentamento: praticamente sul lastrico. Con la forza di volontà che contraddistingue chi vuole
reagire ad un torto, cerca di barcamenarsi, di non farsi prendere dallo
sconforto, i beni pignorati a distanza di pochi mesi, vengono messi all’asta.
Dal primo al terzo incanto, le aste risultano deserte ed i
beni restano in custodia all’azienda, con una variabile, visto che non sono
stati venduti all’asta, tali beni possono essere posti in vendita dall’azienda,
con una imposizione: il frutto di ogni singola vendita deve essere versato ad
Equitalia! Il commerciante, in pratica, deve pagare: canone di
locazione, utenze, spese di personale, oltre al suo lavoro per ripagare il
debito ad Equitalia, senza poter trarne un minimo per se e la sua famiglia.
Il fallimento è l’unica strada percorribile per questa attività, con il trascinarsi, dietro tale decisione, tante piccole e grandi aziende fornitrici, che senza l’intervento di Equitalia, avrebbero ripreso almeno la merce se non venduta e in qualche modo si sarebbe evitata la totale debacle dell’attività commerciale, che oggi avrebbe dato sostegno a un paio di famiglie.
Mentre si levano voci incredule per quello che è avvenuto a
questa brava e colta persona titolare di un’ex azienda isernina, centinaia di
cittadini negli ultimi anni sono morti suicidi per casi simili. L’istigazione al suicidio è un reato previsto dall’art. 580
del codice penale. Mentre migliaia di italiani e di molisani sono allo stremo,
senza lavoro, con debiti, uno Stato che non è in grado di garantire più nulla,
chiede l’impossibile minacciando di sbatterli sul marciapiede con la mano
armata di Equitalia. Ad oggi oltre 15.000 le querele depositate dai cittadini
italiani contro il Governo per il reato di cui al citato art. 580, ma non vi
sono ad oggi, posizioni politiche che abbiano intenzione di affrontare l’argomento
e porre il cittadino prima di tutto: innanzi tutto!
P.T.
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