sabato 7 giugno 2014

La fine dell’ospedale S.S. Rosario di Venafro

Vittima della razionalizzazione, tra il grande disastro della sanità pubblica e la grande bellezza della privata.



 Sempre in bilico come da italiana abitudine consolidata nel Dna di tutti ed esaltate negli interventi esilaranti e sarcastici di Crozza, le doppie situazioni identificabili tra la grande bellezza e l'enorme disastro delle nostre gesta. Il caso di paragone nella sanità molisana non può essere più calzante. Sospesi tra la grande bellezza ed eccellenza della sanità privata rappresentata dal Neuromed di Pozzilli e dalla Cattolica di Campobasso e l'enorme disastro di bilanciamento della sanità pubblica, smembrata e ridotta in lazzareti promiscui di medioevale memoria.

La sanità in quanto tale, dovrebbe garantire la salute ai cittadini che ne hanno bisogno a prescindere che essa sia pubblica o privata. Al cittadino infatti non interessa da quale indotto siano prodotti i servizi per la salute, l'importante è che siano garantiti, su questo non vi sono temi di smentita. La problematica sorge nel momento in cui si analizzano le disparità tra il pubblico sprecone, il privato accorto e gli interessi legati a chi vive di sanità che alza polveroni più o meno comprensibili, più o meno credibili. Bisogna considerare che tra prima e seconda repubblica, la sanità pubblica ha rappresentato la valvola di sfogo della politica clientelare. Per continuare a reggere il potere in Italia e anche nella nostra regione i potentati di turno hanno creato primariati, doppioni di reparti e doppioni di primariati; innescato meccanismi di assunzioni oltre le medie normali dettate dal legislatore e dalle normali gestioni ospedaliere con centinaia di portantini, altrettanti infermieri e medici. 

Denaro fiondato in sale operatorie spesso anche inutilizzabili, in rifacimenti di reparti e in materiali di consumo e medicinali, da provocare voragini incolmabili di debiti. Ci siamo ritrovati solo nel Molise un insanabile debito di 500 milioni di euro su cui, non dimentichiamo, lo Stato centrale è intervenuto con il commissariamento e la necessaria razionalizzazione degli sprechi. Il governo Frattura che ha ereditato un enorme disastro, sta cercando di ottimizzare le risorse e i nosocomi, naturalmente consigliato da esperti e non immune da azioni positive in alcuni casi, impopolari e sbagliate in altri. La vicenda dell'Ospedale S.S. Rosario e del comitato che ne difende a spada tratta la sua permanenza a ruolo oramai pregresso di ospedale è legittima come ogni protesta che il libero cittadino vuole pacificamente sostenere per far valere il proprio pensiero e le proprie ragioni. La questione appare dagli osservatori esterni anomala in quanto la stragrande maggioranza dei sostenitori di tale protesta è legato a filo doppio da interessi più o meno comuni con tale ospedale. 

E’ comunque un giusto diritto difendere il proprio posto di lavoro dalla possibile e inevitabile riduzione o perdita del sostentamento familiare, ma in ciò non si può pretendere che tutta la popolazione possa sposare la stessa causa, pur sapendo come si è evoluta nel tempo la questione. Oramai, come sono ben a conoscenza i sostenitori della protesta, il dado è tratto e purtroppo per errori del passato si è costretti a tagliare e a relegare il nosocomio cittadino a ruolo secondario nella sanità molisana. Impopolarissima quanto improcrastinabile decisione affidata ad un duello tra Rosati ex sub commissario alla sanità regionale e Frattura: l’uno spera che la firma l’apponga l’altro sul documento che decreterà ufficialmente la fine degli ospedali periferici tra cui il S.S. Rosario, ma chiarite le competenze inesorabilmente si chiuderà il sipario sulle speranze dei protestanti.  

Non vi sono più le risorse per avere due ospedali a distanza di 20 km.  che possano garantire gli stessi servizi. Nella protesta del comitato sorgono nelle ultime ore strumentalizzazioni populiste e politiche che poco hanno a che fare con la protesta finalizzata all'ottenimento dell’impossibile. Si cavalca l’onda della notorietà mediatica facendosi fotografare con Vaccone (in buona fede) davanti ai cartelli della protesta dinanzi ai cancelli del S.S. Rosario, ma anche l’ultimo effetto di dissenso è destinato a spegnersi come neve, al sole delle necessità inderogabili dei conti pubblici, nella sanità allo sbando. Non è mancato nessuno all'appuntamento con il set allestito da Vaccone, dal primo cittadino di Venafro Sorbo (che appare volutamente scollegato dal presidente Frattura, pur sapendo le cose come stanno, ma sappiamo che Sorbo nelle vesti di oppositore anche di se stesso ci sguazza bene); ai politici regionali quali l’Assessore Scarabeo che si aspetta dal suo Presidente, almeno la giustizia dei numeri dei posti letto, che protendono verso il privato non rispettando la media nazionale e le risposte concrete a delle domande legittime: il nosocomio sarà una struttura per post acuzie, lungo degenze e per malati di Alzheimer, vi è necessità di sapere quali saranno i servizi aggiuntivi per sostenere tali specializzazioni, subito, prima della firma della cancellazione effettiva dell’ospedale. 

Il grillino Macerola protende verso un legittimo riconoscimento e una temeraria, quanto difficile risoluzione della permanenza dell’ospedale di Venafro nella sua vecchia funzione, puntando sulla mancanza dell’ospedale Veneziale dei requisiti antisismici.  L’immobile del S.S. Rosario è sostanzialmente l’unico dotato delle caratteristiche di antisismicità previste dalla legge. Indicando come ospedale primario quello di Venafro chiudendo il Veneziale, si otterrebbe lo stesso una riduzione della spesa, nella certezza della sicurezza sismica dei degenti e del personale sanitario. Ci si arrovella e si tengono posizioni in queste ore, nella scontata decisione della fine di un ospedale che è inesorabilmente già stata scritta.

P.T.

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