mercoledì 5 febbraio 2014

I soci vitalizi del potere ammucchiati in discesa a difesa della loro celebrazione

L’Incontro pubblico tra Tomaso Montanari, Salvatore Settis, Giuseppe Severini e Gino Famiglietti per discutere del patrimonio culturale e del diritto dei cittadini ad usufruirne, tenutosi l’8 ottobre scorso in Molise presso il castello Pandone di Venafro, prendeva spunto dai recenti libri di cui sono autori alcuni dei partecipanti alla discussione: Le pietre e il popolo. 




Restituire ai cittadini l’arte e la storia delle città italiane, di Tomaso Montanari (Minimum Fax) e Costituzione incompiuta. Arte Paesaggio Ambiente, di Alice Leone, Paolo Maddalena, Tomaso Montanari, Salvatore Settis (Einaudi). A dire la verità, l’incontro di spunti ne dava e tanti, ma il vero problema è stato quello di assistere ad una “discussione” tra eletti, le cui sollecitazioni alla riflessione sono rimaste lettera morta in mancanza della vera discussione, quella con i presenti, impotenti difronte, per l’ennesima volta, ad un confronto negato. Del resto non ci si poteva aspettare di più, visto che l’iniziativa era stata fortemente voluta ed  organizzata (con la fedelissima collaborazione di alcuni  suoi sottoposti) dal direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise avv. Gino Famiglietti, esempio vivente del confronto negato. 

Ma se a questi atteggiamenti arroganti e dispotici, alla povertà intellettuale in Molise avevamo “fatto il callo”, altro ci si aspettava da ospiti così illustri venuti dalla ribalta nazionale. Ma come recita il titolo “rubato” di questo scritto, difronte alla difesa di una casta, nulla può. E così, gli spettatori hanno ascoltato le dissertazioni erudite dei noti intervenuti, che purtroppo, ancora una volta, nulla di nuovo hanno aggiunto a ciò che è già stato giustamente condiviso e recepito in altre occasioni, solito pianto greco, solita passerella, solito calcolato raccapriccio. Insomma, le solite cose.

Consueto, anzi forse ancora più aspro, è sembrato l’attacco a chi sottovaluta la tutela ma anche quello contro la valorizzazione. E se sul primo aspetto siamo tutti d’accordo (salvo verificare che ormai tra gli addetti ai lavori, l’argomento tutela sia diventato un optional!), sulla valorizzazione esiste un baratro immane, nonostante la sua inclusione a pieno titolo tra i compiti istituzionali del MiBAC. In buona sostanza, i titolati ospiti, ognuno per le rispettive competenze ma senza grosse differenze, hanno rimarcato, Famiglietti su tutti, che i beni culturali non possono essere tutelati se c’è valorizzazione o, comunque, questo è stato il senso del loro dire.

Peccato perché, pur avendo un patrimonio così vasto ed articolato, non siamo mai riusciti degnamente a tutelarlo anche in assenza di una valorizzazione, mai decollata nonostante i tentativi dell’ex direttore generale Resca! I motivi e i numerosi esempi di un patrimonio culturale allo stremo, ritengo di poterli risparmiare ai lettori per non annoiare e per volontà forte di rimanere in tema, nella completa disponibilità a qualsiasi confronto anche, e perché no, con i titolati conferenzieri di cui sopra, sempre che loro si abbassino sul terreno dell’ultimo arrivato.

E allora, visto che sul tema della tutela del patrimonio culturale e paesaggistico, chi scrive è totalmente d’accordo con i noti relatori, dei quali qui ancora una volta si vuole ricordare il valore e la preparazione, ad iniziare da Settis, archeologo e storico dell’arte, cattedratico, curatore di numerosi scritti e molto altro, passando per Severini, magistrato, buono per ogni occasione, dal Consiglio di Stato a collaborazioni con diversi ministeri, non ultimo quello del MiBAC, anch’egli non rimasto con le mani in mano relativamente a scritti sul paesaggio, non dimenticando Famiglietti, avvocato, estensore per buona parte del Codice del Paesaggio, direttore regionale in Lombardia e Molise, autore di numerosi articoli sul tema e “strenuo” difensore del territorio dall’invasione “dall’eolico selvaggio” (purtroppo solo da quello!), e per finire con Montanari, storico dell’arte, cattedratico, giornalista (al quale sin d’ora il sottoscritto chiede venia per non essere minimamente all’altezza dei suoi mirabili articoli) per “Il Fatto Quotidiano”, scrittore appassionato di paesaggio, come si diceva, vista la condivisione sulle problematiche del fattore tutela, dove sarebbero le differenze e i motivi della critica che si vuole lanciare?

Intanto, giusto per essere chiari, personalmente non ritengo dannosa la valorizzazione, se fatta nei modi e nei tempi dovuti. Al contrario. Per esempio, ma solo e brevemente per dare un piccolo contributo, chi scrive è stato promotore e curatore di un progetto denominato “Cantieri Aperti” che, salvo smentite ancora non registrate (a parte tentativi dell’avv. Famiglietti mestamente restituiti al mittente per motivi noti alle cronache e per altri troppo lunghi da spiegare in questa sede), ha rappresentato un momento alto di tutela, valorizzazione e trasparenza amministrativa.

In altri termini. Il progetto ha permesso a numerosi siti chiusi da anni per lavori mai portati a termine, di essere visitati con guide, previa la loro messa in sicurezza, facendo registrare il plauso ministeriale ma ancor più quello dei tanti visitatori rimasti digiuni per troppo tempo. Come si diceva, un esempio, solo un esempio dei tanti che si potrebbero fare se solo ce ne fosse il tempo e la voglia. Sì, proprio la voglia, quella che alcuni burocrati, convinti che il Verbo sia quello personale, proprio in assenza di qualsiasi confronto, arroccati su posizioni antidiluviane e negative, ti fanno passare, o meglio, ci provano, visto che al sottoscritto non è venuta mai meno.
Ma cosa spinge chi scrive a dissentire o comunque a stigmatizzare l’operato di tali insigni ospiti venuti in quel di Molise e in quel del castello Pandone di Venafro? La difesa a prescindere del potere, dell’apparato, demolendo clamorosamente quell’onesta intellettuale tanto decantata. E così, finalmente giungiamo al dunque senza più remore di sorta. Proprio l’alta caratura dei quattro fa saltare all’occhio, anche dei meno attenti, la totale contraddizione esistente tra il dire e il fare. Al primo esempio di come ci si dovrebbe comportare difronte a quei delitti contro il paesaggio di cui “i nostri” sarebbero i paladini, come per incanto e per fare piacere al “padrone di casa”, si cancella con un vergognoso colpo di spugna, tutto l’ardore ed il credo fin qui gettato nell’arena.

E non ci si è limitati solo a far finta di niente, gli emeriti relatori hanno persino osannato le bellezze della cittadina molisana (indubbie) ed il modo di operare rispetto ad esse da parte della dirigenza ai beni culturali della regione Molise! Un orbo si potrebbe anche capire, TRE NO (il quarto era la parte in causa!)! E siccome siamo certi delle capacità visive della terza di cui trattasi e che ancora 1 più 1 più 1 fa 3, allora significa che sulle dichiarazioni relative alla tutela dei beni culturali e paesaggistici di Venafro, c’è qualcosa che non torna. Ebbene i tre studiosi, strenui difensori del paesaggio italiano unitamente a chi li ha invitati, pur di difendere l’indifendibile padrone di casa su come concepisce la tutela, si sono prestati ad essere fisicamente e mentalmente presenti (osannandolo) nell’esempio più eclatante di sfregio archeologico, architettonico, ambientale e paesaggistico del Molise, proprio il circondario e l’ex fossato del castello, sul quale erano seduti!

Davvero un bell’esempio di linearità! Di onestà intellettuale! Ovviamente, le foto che si allegano, serviranno ai lettori e a chi vorrà intervenire sui fatti e sui misfatti, siano essi di natura tutelare, siano essi di natura intellettuale, ma serviranno anche a chi, come i nostri paladini, non perdono occasione per predicare  bene e razzolare male! E pensare che fino a poco tempo fa erano i  punti di riferimento del sottoscritto sui temi di natura paesaggistica! Non dispiacerà al lettore se colgo l’occasione per allegare anche l’intero testo della mirabile opera del maestro Fabrizio De André, il quale, a differenza dei nostri “falsi profeti”, ha scritto e cantato quello che poi ha messo in atto senza accattivarsi.


 Il Segretario Regionale UILBAC Molise

Emilio Izzo

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