Confidano in un aumento del fatturato e della produzione nel 2013, continuano ad essere la punta di diamante delle nostre esportazioni e, dopo il rallentamento registrato in questi anni, prevedono di aumentare il proprio personale sia in Italia, sia, soprattutto, all’estero.
Questi alcuni degli elementi che emergono dalla presentazione dell’Indagine annuale sulle medie imprese industriali italiane, realizzata da Mediobanca e Unioncamere, in corso oggi a Roma. Indagine che consente di cogliere gli effetti lasciati dalla crisi sulla “pelle” di queste imprese campioni del made in Italy, che in 10 anni sono diminuite di 433 unità, o perché hanno ridotto o accresciuto la propria dimensione (in termini occupazionali o di fatturato) e sono perciò uscite dal campo di osservazione dell’analisi, o, in alcuni casi, perché fallite o acquisite.
Le 3.594 medie imprese “superstiti”, tuttavia, restano altamente competitive, essendo in grado di generare da sole il 15% del valore aggiunto dell’industria manifatturiera italiana ed il 16% delle esportazioni nazionali.
4 imprese su 10 confidano nella ripresa
L’indagine su un campione rappresentativo di medie imprese industriali italiane mostra che per il 2013 il 37,3% di queste aziende prevede un aumento del fatturato (contro il 26,6% a consuntivo nel 2012) e il 34% un incremento della produzione (è stato invece il 22,1% a registrarlo per lo scorso anno).
La propensione all’export delle medie imprese è rimasta molto elevata, tanto che la quota di aziende esportatrici ha sfiorato il 90% nel 2012, con un’incidenza delle vendite all’estero pari al 51% del fatturato complessivo. Per l’anno in corso si conferma l’apporto determinante che le vendite all’estero potranno fornire ai risultati aziendali (gli ordinativi esteri saranno in crescita per il 49,9% delle imprese), mentre l’andamento del mercato interno sarà più debole (solo il 13,6% si attende un rialzo rispetto al 2012, contro il 31% di quante che ne prevedono una flessione).
Nel 2012, gli investimenti delle medie imprese si sono concentrati sulle apparecchiature informatiche (72,3%), sui macchinari (69,3%) e sui software e servizi informatici (68,6%); su tali assets le imprese continueranno a puntare prioritariamente anche durante il 2013.
Le 3.594 medie imprese “superstiti”, tuttavia, restano altamente competitive, essendo in grado di generare da sole il 15% del valore aggiunto dell’industria manifatturiera italiana ed il 16% delle esportazioni nazionali.
4 imprese su 10 confidano nella ripresa
L’indagine su un campione rappresentativo di medie imprese industriali italiane mostra che per il 2013 il 37,3% di queste aziende prevede un aumento del fatturato (contro il 26,6% a consuntivo nel 2012) e il 34% un incremento della produzione (è stato invece il 22,1% a registrarlo per lo scorso anno).
La propensione all’export delle medie imprese è rimasta molto elevata, tanto che la quota di aziende esportatrici ha sfiorato il 90% nel 2012, con un’incidenza delle vendite all’estero pari al 51% del fatturato complessivo. Per l’anno in corso si conferma l’apporto determinante che le vendite all’estero potranno fornire ai risultati aziendali (gli ordinativi esteri saranno in crescita per il 49,9% delle imprese), mentre l’andamento del mercato interno sarà più debole (solo il 13,6% si attende un rialzo rispetto al 2012, contro il 31% di quante che ne prevedono una flessione).
Nel 2012, gli investimenti delle medie imprese si sono concentrati sulle apparecchiature informatiche (72,3%), sui macchinari (69,3%) e sui software e servizi informatici (68,6%); su tali assets le imprese continueranno a puntare prioritariamente anche durante il 2013.
La domanda di credito nel primo semestre 2013 si è rivelata sostenuta.
Il 50% delle medie imprese ha dichiarato di voler richiedere finanziamenti bancari, non solo in risposta all’esigenza di gestire le attività ordinarie (nel 43,8% circa dei casi), ma anche per realizzare nuovi investimenti (36,7%) o implementare quelli già avviati (13,3%). E’, comunque, sensibile la percezione di difficoltà nell’accesso al credito: la segnala il 43% di quanti intendevano farvi ricorso nell’arco dei mesi iniziali del 2013, contro il 37% delle imprese che nell’ultimo semestre del 2012 si erano rivolte alle banche.
Sul fronte occupazionale, un nucleo rilevante di medie imprese (circa un quinto) segnala un ampliamento della forza lavoro tra il 2012 e il 2013; ancora superiore sarà poi quest’anno l’allargamento della base occupazionale all’estero da parte di quelle medie imprese che hanno stabilimenti produttivi al di fuori dei confini nazionali (l’aumento avverrà in quasi la metà dei casi). Si riduce il ricorso ad ammortizzatori sociali (nel 2013 verranno usati dal 34% delle imprese, contro il 44% nel 2012). Il 18% circa delle aziende adotterà comunque strumenti alternativi per salvaguardare l’occupazione: contratti di solidarietà, modifiche all’orario di lavoro e riqualificazione del personale.
433 imprese in meno in 10 anni
Tra il 2002 e il 2011 il numero delle medie imprese è diminuito di 433 unità. La variazione rappresenta il saldo tra 3.634 ingressi e 4.067 uscite che hanno generato un tasso di turnover (rapporto tra movimenti complessivi e consistenza di inizio periodo) pari al 191% riconducibile, per lo più, ad una forte turbolenza verificatasi attorno alle soglie inferiori di fatturato e dipendenti (6.102 imprese ovvero il 90,5% dei movimenti totali). Nel decennio, 638 imprese hanno, invece, varcato le soglie dimensionali superiori, accedendo all’area delle società medio-grandi. Una parte delle medie imprese è invece uscita dall’universo di osservazione per cause differenti dalle soglie dimensionali. Circa la metà di queste uscite è dovuta a liquidazioni e cessazioni dovute a procedure concorsuali, con un fenomeno relativamente più significativo rispetto alle nuove costituzioni. Una quota marginale invece è dovuta a fenomeni di aggregazione.
Il fatturato medio nel 2011 si è assestato a 44,3 milioni di euro, in crescita del 29,2% sul 2002 (+10% in termini reali); il totale attivo medio è stato pari a 47,9 milioni, in aumento del 43,8% sull’inizio del decennio (+22,7% deflazionato); l’occupazione media per impresa non è cresciuta nel decennio, segnando anzi una lieve flessione sia in termini medi (da 148 a 146 unità, -1,4%) che mediani (da 116 a 112, -3,4%). La meccanica, il chimico-farmaceutico e l’alimentare sono i settori che hanno maggiormente incrementato la propria rilevanza sul 2002; in grave flessione i beni per la persona e la casa; ripiega marginalmente il made in Italy.
Ritorna ad aumentare la redditività
Il rendimento del capitale investito (roi) nelle medie imprese nel biennio 2010-2011 si salda al 7,5% guadagnando l’1,4% rispetto al 2009, anno che ha registrato un importante crollo dei margini a seguito della crisi finanziaria. La redditività netta espressa dai valori di roe ha seguito una traiettoria analoga assestandosi al 4,4% nel 2011 (+2,2% rispetto al 2009). Il raffronto con i gruppi maggiori mette in evidenza un quadro di minore reattività di questi ultimi che hanno segnato livelli mediamente inferiori di roi e un forte rallentamento di quelli di roe (-4,4 punti sul 2009). La redditività netta delle multinazionali italiane appare invece allineata, e talora superiore, alle medie imprese, ma resta un ritardo importante in termini di rendimento di capitale proprio rispetto al periodo pre-crisi (-5 punti).
Ma la tassazione è punitiva
La tassazione delle medie imprese continua ad essere punitiva. Nella media del periodo 2002-2011 il carico fiscale che ha gravato sulle medie imprese con risultato ante imposte positivo si è assestato al 44,5% ovvero circa 11 punti percentuali sopra la media delle grandi imprese (33,6%). Nel 2011, 796 delle 3.594 medie imprese hanno chiuso con un risultato di competenza del gruppo negativo.
Finanziariamente solide e poco propense agli impieghi finanziari
La struttura finanziaria delle medie imprese risulta solida con una dotazione di mezzi propri sufficiente a finanziare integralmente gli attivi immobilizzati (61,3% contro 45,7% nella media del periodo 2002-2011); nel contempo l’attivo corrente netto ha una consistenza superiore a quella dei debiti finanziari scadenti entro l’esercizio successivo (42,6% contro 30,3%). Le attività liquide hanno una rilevanza contenuta (11,7% del totale), indicando una conduzione d’impresa concentrata sulle attività operative e produttive che non cede alla diversificazione in impieghi di natura finanziaria, se non nella misura in cui essi sono strumentali alla gestione industriale.
Il 50% delle medie imprese ha dichiarato di voler richiedere finanziamenti bancari, non solo in risposta all’esigenza di gestire le attività ordinarie (nel 43,8% circa dei casi), ma anche per realizzare nuovi investimenti (36,7%) o implementare quelli già avviati (13,3%). E’, comunque, sensibile la percezione di difficoltà nell’accesso al credito: la segnala il 43% di quanti intendevano farvi ricorso nell’arco dei mesi iniziali del 2013, contro il 37% delle imprese che nell’ultimo semestre del 2012 si erano rivolte alle banche.
Sul fronte occupazionale, un nucleo rilevante di medie imprese (circa un quinto) segnala un ampliamento della forza lavoro tra il 2012 e il 2013; ancora superiore sarà poi quest’anno l’allargamento della base occupazionale all’estero da parte di quelle medie imprese che hanno stabilimenti produttivi al di fuori dei confini nazionali (l’aumento avverrà in quasi la metà dei casi). Si riduce il ricorso ad ammortizzatori sociali (nel 2013 verranno usati dal 34% delle imprese, contro il 44% nel 2012). Il 18% circa delle aziende adotterà comunque strumenti alternativi per salvaguardare l’occupazione: contratti di solidarietà, modifiche all’orario di lavoro e riqualificazione del personale.
433 imprese in meno in 10 anni
Tra il 2002 e il 2011 il numero delle medie imprese è diminuito di 433 unità. La variazione rappresenta il saldo tra 3.634 ingressi e 4.067 uscite che hanno generato un tasso di turnover (rapporto tra movimenti complessivi e consistenza di inizio periodo) pari al 191% riconducibile, per lo più, ad una forte turbolenza verificatasi attorno alle soglie inferiori di fatturato e dipendenti (6.102 imprese ovvero il 90,5% dei movimenti totali). Nel decennio, 638 imprese hanno, invece, varcato le soglie dimensionali superiori, accedendo all’area delle società medio-grandi. Una parte delle medie imprese è invece uscita dall’universo di osservazione per cause differenti dalle soglie dimensionali. Circa la metà di queste uscite è dovuta a liquidazioni e cessazioni dovute a procedure concorsuali, con un fenomeno relativamente più significativo rispetto alle nuove costituzioni. Una quota marginale invece è dovuta a fenomeni di aggregazione.
Il fatturato medio nel 2011 si è assestato a 44,3 milioni di euro, in crescita del 29,2% sul 2002 (+10% in termini reali); il totale attivo medio è stato pari a 47,9 milioni, in aumento del 43,8% sull’inizio del decennio (+22,7% deflazionato); l’occupazione media per impresa non è cresciuta nel decennio, segnando anzi una lieve flessione sia in termini medi (da 148 a 146 unità, -1,4%) che mediani (da 116 a 112, -3,4%). La meccanica, il chimico-farmaceutico e l’alimentare sono i settori che hanno maggiormente incrementato la propria rilevanza sul 2002; in grave flessione i beni per la persona e la casa; ripiega marginalmente il made in Italy.
Ritorna ad aumentare la redditività
Il rendimento del capitale investito (roi) nelle medie imprese nel biennio 2010-2011 si salda al 7,5% guadagnando l’1,4% rispetto al 2009, anno che ha registrato un importante crollo dei margini a seguito della crisi finanziaria. La redditività netta espressa dai valori di roe ha seguito una traiettoria analoga assestandosi al 4,4% nel 2011 (+2,2% rispetto al 2009). Il raffronto con i gruppi maggiori mette in evidenza un quadro di minore reattività di questi ultimi che hanno segnato livelli mediamente inferiori di roi e un forte rallentamento di quelli di roe (-4,4 punti sul 2009). La redditività netta delle multinazionali italiane appare invece allineata, e talora superiore, alle medie imprese, ma resta un ritardo importante in termini di rendimento di capitale proprio rispetto al periodo pre-crisi (-5 punti).
Ma la tassazione è punitiva
La tassazione delle medie imprese continua ad essere punitiva. Nella media del periodo 2002-2011 il carico fiscale che ha gravato sulle medie imprese con risultato ante imposte positivo si è assestato al 44,5% ovvero circa 11 punti percentuali sopra la media delle grandi imprese (33,6%). Nel 2011, 796 delle 3.594 medie imprese hanno chiuso con un risultato di competenza del gruppo negativo.
Finanziariamente solide e poco propense agli impieghi finanziari
La struttura finanziaria delle medie imprese risulta solida con una dotazione di mezzi propri sufficiente a finanziare integralmente gli attivi immobilizzati (61,3% contro 45,7% nella media del periodo 2002-2011); nel contempo l’attivo corrente netto ha una consistenza superiore a quella dei debiti finanziari scadenti entro l’esercizio successivo (42,6% contro 30,3%). Le attività liquide hanno una rilevanza contenuta (11,7% del totale), indicando una conduzione d’impresa concentrata sulle attività operative e produttive che non cede alla diversificazione in impieghi di natura finanziaria, se non nella misura in cui essi sono strumentali alla gestione industriale.
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