mercoledì 9 ottobre 2013

L’intervento di Bortolussi: Ritorniamo ad investire

Evitata una nuova crisi di Governo che, probabilmente, avrebbe spinto il Paese verso il baratro, la momentanea spaccatura avvenuta verso la fine della settimana scorsa tra il PD e il PdL è “costata” ai consumatori un punto percentuale di Iva in più.





A seguito di questo aumento le famiglie venete saranno tra quelle che pagheranno il prezzo più “salato”: mediamente oltre 110 euro all’anno. Gli aggravi maggiori, infatti, interesseranno i nuclei famigliari residenti nelle realtà territoriali dove la propensione alla spesa è più elevata, anche se sappiamo che l’incremento dell’Iva peserà maggiormente sui redditi più bassi e meno su quelli più elevati.

Le ragioni che hanno fatto scattare l’aumento dell’Iva sono legate alla difficile situazione in cui versano i nostri conti pubblici. Con un rapporto debito/Pil superiore al 130 per cento e un rapporto deficit/Pil al 3,1 per cento, si è reso necessario, così come era stato previsto nel 2011, ritoccare l’aliquota ordinaria dell’Iva. Assieme ad altre misure che saranno approvate nelle prossime settimane, nel 2013 il disavanzo dovrebbe scendere, così come chiede l’Unione europea, sotto la soglia del tre per cento.

Il ritocco all’insù dell’Iva porterà nelle casse dell’erario un miliardo di euro entro la fine di quest’anno e altri 4,2 miliardi nel 2014. Ma in questi ultimi giorni non siamo gli unici ad aver messo mano alle tasse. Secondo quanto riportato nei giorni scorsi dal Wall Street Journal, il due ottobre scorso anche il Premier giapponese, Shinzò Abe, ha annunciato che aumenterà l’Iva di ben tre punti. Dal prossimo mese di aprile l’imposta passerà dal cinque all’otto per cento.

Anche in questo caso, le ragioni di questa scelta vanno ricercate nella necessità di sanare i conti pubblici nipponici che verso la fine del 2012 hanno fatto salire il rapporto debito/Pil sino a sfiorare il 240 per cento e quello relativo al deficit/Pil al dieci per cento. Accanto a questo aumento dell’Iva, il primo ministro giapponese ha promesso un pacchetto di misure per aiutare le famiglie a basso reddito e le imprese, con una manovra di cinquemila miliardi di yen che corrispondono a circa 38 miliardi di euro.

Ora, se la terza potenza industriale del mondo alza l’Iva all’otto per cento per sanare i conti, ma mette in campo misure compensative per quasi 40 miliardi di euro, nonostante abbia un debito pubblico sul Pil quasi il doppio del nostro e un deficit pubblico sul Pil tre volte superiore a quello italiano, c’è qualcosa che non quadra. E come ho avuto modo di sottolineare più volte, a non quadrare non sono le politiche espansive, adottate ad esempio in Giappone, ma il rigore impostoci in questi ultimi anni dall’Unione europea.

Con più tasse e meno spesa pubblica tutti i Paesi meridionali d’Europa hanno aumentato a dismisura il numero dei senza lavoro e allargato paurosamente la fascia sociale dei meno abbienti. Per ritornare a crescere, invece, dobbiamo, diminuire le tasse e ricominciare ad investire per ridare fiato soprattutto alle piccole imprese che anche nel Veneto stanno soffrendo paurosamente.

Se, invece, non riusciremo a cambiare politica economica saremo destinati a imboccare la strada del declino e diventare un problema per tutta l’Europa. I conti pubblici sono importanti, ma la messa in sicurezza non può venire a scapito dei disoccupati e dei più poveri.

Personalmente sono preoccupato soprattutto per i lavoratori “anziani”. Sono i più a rischio perché chi perde il posto ha grosse difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro. Fino a qualche anno fa, un cinquantenne che veniva espulso dalla fabbrica – grazie alla cassa integrazione, alla mobilità e agli ammortizzatori sociali vari – scivolava verso la pensione.

Oggi, a seguito dell’innalzamento dell’età pensionabile , queste politiche non sono più sostenibili. Inoltre, se teniamo conto della situazione degli esodati, è chiaro che una persona di mezza età si sente più vulnerabile degli altri. Questo clima di insicurezza e di paura, purtroppo, si è diffuso anche tra le famiglie venete, dando luogo a una forte contrazione dei consumi che ha messo in crisi molte aziende e lasciato per strada tanti lavoratori. Siamo caduti in una trappola, ma la via d’uscita è ancora visibile e praticabile.

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