domenica 11 marzo 2012

È stata inaugurata, nel foyer del nuovo Auditorium di Isernia, la mostra “Le donne che hanno fatto l’Italia”

È stata inaugurata, nel foyer del nuovo Auditorium di Isernia, la mostra “Le donne che hanno fatto l’Italia”, un evento promosso dall’Unità Tecnica di Missione per le celebrazioni del 150° anniver­sario dell’Unità d’Italia.In rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri è intervenuta alla inaugurazione Cecilia Lamaro. Questa la sintesi del suo intervento.





«Il Consigliere Giancarlo Bravi – ha detto Lamaro – ha voluto che que­sta esposizione dedicata alle donne italiane trovasse ospitalità nell’auditorium di Isernia, una città che l’ex Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi ha definito “prima capitale d’Italia”. E non è un caso che la mostra venga inaugura nella settimana dell’8 marzo, la giornata dedicata alle donne.

La memoria storica ricorda le figure maschili che hanno gettato le basi dell’unità nazionale, come Garibaldi e Mazzini; ma troppo spesso sottace l’impegno civile e sociale delle donne. Bruna Bartolo, l’autrice del libro “Donne nel Risorgimento”, sostiene che esse furono le prime a diffondere le idee liberali; donne appartenenti all’alta borghesia di Milano e di Torino, ma anche del Sud.

Molto è stato detto sulle donne, ma forse non si è sottolineato un aspetto che può sembrare frivolo e che è sintomatico del mutamento della vita delle donne: la modificazione dell’abbigliamento e le rinunce che ciò ha comportato.

Le donne della prima metà dell’Ottocento sono sempre state rappre­sentate con abiti eleganti di tessuti vaporosi e preziosi; con incredibile ampiezza di sottane dovute all’uso non solo di crinoline raffinate ma anche dallo straordinario moltiplicarsi di sottogonne e sopracrinoline. Non disde­gnavano il ricorso ai cosmetici, prediligendo i prodotti a base naturale. Sempre ben lavate e profumate con tenui essenze francesi, usavano sa­pone, latte detergente e polvere di riso. Tenevano molto alla pelle, viepiù tingevano le ciglia e le sopracciglia con matite, in modo da dare all’occhio una espressione profonda e ammaliante. Seguivano sapientemente la moda francese: Parigi era considerata la capitale del bel vestire. Per ren­dere più slanciata la figura e rendersi più alte, usavano scarpe con il tacco alto e cappelli con una tesa ritta sulla fronte e assai elevata.

Ed i capelli, sempre lunghi, erano parzialmente raccolti in trecce o chignon alla sommità del capo, ma con ciocche ondeggianti sul collo. E non dimentichiamo la scelta degli accessori: calze, scarpe, guanti, ombrel­lini, pizzi, fiori finti, bottoni, passamanerie ed ogni genere di orpelli.

Tutto cambia ai fini dell’abbigliamento e della cura della propria per­sona, per le donne che hanno partecipato e lavorato a diffondere le idee liberali, per le donne invisibili del XIX secolo.

Le donne del Risorgimento sono state combattenti: hanno rinunciato alle crinoline, hanno tagliato i capelli, hanno indossato tenute da bersa­gliere, hanno dovuto travestirsi da uomo per non essere arrestate! Hanno dovuto rinunciare a gioielli e pizzi. Al posto di ricercatissime “borsette” hanno dovuto applicare sulle loro tenute infinite tasche. Hanno dovuto in­ventare escamotage per raggiungere i loro obiettivi.

La contessa Frecavalli, famosa per essere una nobile “staffetta”, na­scondeva i messaggi segreti da trasferire, nei capelli: altro che chignon. Bianca Milesi, pittrice, femminista e battagliera, allieva di Canova, sempre travestita da uomo, disegnò l’emblema tricolore del battaglione Minerva.

Senza considerare i “figli” che le donne hanno perso nelle battaglie e quelli che hanno perso in grembo. Di una di loro, Adelaide Cairoli, mila­nese, che nonostante la perdita di quattro figli, continuò a finanziare i giornali patriottici, Garibaldi disse: “L’amore di una madre per i figli non può nemmeno essere compreso dagli uomini. Con donne simili una na­zione non può morire”.

Per concludere, gli uomini del Risorgimento sono stati i protagonisti dell’unità politica del paese, ma le donne hanno sicuramente realizzato l’unita sociale e culturale della nuova Italia. Sono loro che hanno incomin­ciato ad elaborare l’identità della donna dell’Italia di oggi, a loro dobbiamo l’inizio del cammino verso la parità con gli uomini.


 

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