giovedì 28 giugno 2012

Vittoria definitiva in sede cautelare di una lavoratrice dipendente da un organismo sidacale

L’obiettivo del sindacato e di tutte le sue articolazioni è quello di difendere i diritti dei lavoratori dai soprusi dei "padroni", ma chi tutela i diritti dei dipendenti Sindacato?







Si è definito ieri mattina - con il deposito di un provvedimento emesso in sede cautelare di Reclamo al Collegio dal Tribunale di Campobasso - il caso di una lavoratrice precedentemente reintegrata in servizio a seguito di sentenza di condanna della società servizi CGIL Molise che l’aveva assunta con contratto a tempo determinato dichiarato illegittimo.

All’atto della riammissione in servizio, la dipendente aveva percepito un chiaro e diffuso  clima di ostilità nei suoi confronti sul luogo di lavoro, seguito - dopo soli tre giorni - dalla consegna di una lettera di trasferimento presso una diversa sede di lavoro sita in un comune dell'alto Molise nella provincia di Isernia a distanza di circa 80 chilometri dalla sede di provenienza.

Con ricorso d’urgenza, la dipendente aveva impugnato il trasferimento, che nella prima fase di giudizio era stato invece ritenuto legittimo dal Giudice del lavoro.

Il Collegio civile composto dal Presidente del Tribunale e da altri due magistrati (dott. Cardona Albini e Calabria, Relatore) con ordinanza non impugnabile, ha sospeso gli effetti del trasferimento, ritenendolo eccessivamente disagevole e non supportato dalle comprovate ragioni tecniche organizzative e produttive richieste dalla legge.

“Siamo molto soddisfatti dell’esito di questo giudizio cautelare”, e' il commento dell'avv. Elena De Oto , “perché la vicenda affonda le sue radici in una situazione molto delicata per la lavoratrice che si è vista costretta a subire una condizione lavorativa penosa con conseguenti gravi danni alla salute per il ristoro dei quali intendiamo agire con un nuovo separato giudizio, nella successiva eventuale fase di merito che anche il datore di lavoro potrebbe decidere, a propria volta, di intraprendere, al fine di sollecitare un nuovo nella esame giudiziale del caso”.

Il provvedimento in questione è stato depositato nella giornata di ieri nella cancelleria del Lavoro in coincidenza temporale con l’approvazione del disegno di legge di riforma del mercato del lavoro sulla quale i sindacati hanno fatto una levata di scudi contro la famigerata modifica dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori

Quello che troviamo sconcertante è la contraddizione palese in cui incorrono i sindacati che non hanno l’obbligo di reintegrazione per il lavoratore illegittimamente licenziato, nemmeno in caso di recesso per motivi discriminatori.

Le organizzazioni sindacali sembrano combattere una guerra sulla sacralità dell’articolo 18, che in fondo non li riguarda per niente se non per mantenere inalterato il loro potere all’interno delle grandi imprese senza curarsi della necessità di una maggiore uniformità di diritti per i lavoratori che nel nostro paese rivestono la maggioranza e che sono dipendenti delle piccole imprese.

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