giovedì 31 luglio 2014

Molise. Ripresa economica lontanissima. Non ponendo forti riduzioni fiscali alle imprese, si vanifica anche la richiesta di riconoscimento dell' Area di Crisi.



I parlamentari molisani Leva e Venittelli del Pd, sono impegnati in questi giorni a stimolare il governo per il riconoscimento dell’area di crisi per il Molise. Si cerca di trovare un percorso valido, attraverso l’On. Guglielmo Epifani Presidente della Commissione Attività Produttive, affinchè la risoluzione depositata in decima commissione qualche giorno fa, possa chiarire gli aspetti di grande devastazione che sta vivendo la nostra regione dal punto di vista industriale con la perdita di migliaia di posti di lavoro, ed avere l’impegno del Governo per rifinanziare, attraverso  il riconoscimento di “area di crisi”, i comparti produttivi delle diverse zone industriali, in cui i fallimenti, in seguito a  leggere gestioni industriali, hanno prodotto la devastazione che oggi è sotto gli occhi di tutti.



Mentre l’impegno è rivolto in questa direzione, lodevole e sicuramente da un punto di vista politico/amministrativo necessario, (dare l’idea che qualcosa si stia facendo per sopravvivere in questa nostra terra è di fondamentale importanza) d’altro canto sia a livello governativo che a livello locale, tutti evitano di discutere e di prendere di petto il vero problema della disperazione industriale in atto  e il meccanismo che l’ha generata (a parte le speculazioni dei pochi vertici industriali che hanno lucrato sulla pelle dei molisani). Nonostante il riconoscimento, se avverrà, di area di crisi, vi è l’impossibilità di restare in questa regione e produrre qualcosa per dei motivi fondamentali che si tenta di esorcizzare e non affrontare realmente.

Il primo vero disastro è dettato dal fisco che ha spinto alla delocalizzazione non solo nel resto d’Italia, ma anche da noi molte attività produttive che sono oltre adriatico. Quelle poche, buone, sane e produttive aziende molisane, ancora rimaste, indomite e indefesse paladine della disperazione industriale, sono in procinto di salpare e traghettare, quel che rimane della propria azienda, per esempio in Albania, dove per i primi 4 anni le tasse sono ridotte al 10%, più oneri da concedere alla mafia locale, che al contrario dello Stato italiano, ti permette di vivere e progredire. In totale più del 25% di oneri tra leciti e illeciti non si pagano.

Mentre qui da noi, oltre alle belle parole di impegno, pronunciate dal Presidente del Consiglio, fino all’ultimo dei parlamentari, sanno che stanno somministrando un’aspirina tentando di salvare un malato terminale di cancro. La tassazione variabile tra il 65 e il 75% è insostenibile per qualsiasi iniziativa, sia essa artigianale, commerciale o industriale. L’aggiunta dell’indeducibilità delle spese indispensabili, (benzina, spese correnti di sostegno del vivere quotidiano per piccole e grandi aziende) portano il fisco a superare il 100% della tassazione sui cittadini, sempre più vessati, sempre più disperati, sempre più impossibilitati a reggere le continue pressioni dei controlli esasperanti degli organi istituzionali che devono far cassa per reggere i voraci meccanismi ministeriali e rispondere alle pressioni dell’Europa di rientro progressivo del debito pubblico. Non possiamo sottovalutare la seconda motivazione che aggrava ulteriormente ogni tentativo di ripresa: La questione meridionale, legata indissolubilmente da sempre anche alla nostra piccola terra. 

Tra i costi dei trasporti che incidono maggiormente rispetto al nord, la scarsa ricchezza pro capite; il “digital divide” molto più sentito nella nostra regione; una linea ferroviaria antidiluviana e una popolazione che inizia a vivere di espedienti, senza certezze per il futuro, non fa intravvedere alcuna luce fuori dal tunnel della progressiva desertificazione industriale, artigianale e commerciale che si sta verificando da noi. La disoccupazione recensita a 90.000 persone, un terzo della popolazione residente; unita agli  aspetti descritti, testimoniano come anche “l’area di crisi” richiesta con grande giustificazione dai nostri parlamentari, non è altro che una goccia nell’oceano, lontana dalla risoluzione delle tante problematiche che attanagliano la nostra economia.Fino a quando non si porrà l’impegno verso ad una drastica riduzione, quindi, in primis della pressione fiscale, ogni azione anche meritoria per il nostro territorio sarà vanificata.

                                                                                                                                Il Direttore


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