mercoledì 30 luglio 2014

Ad un anno dalla scomparsa del collega Francesco Casale. Costituita associazione a suo nome e incontro dibattito su un tema di forte attualità e...

Lodevole l’iniziativa dei colleghi Pasquale Bartolomeo e Mario Greco che hanno creato l’associazione dedicata alla memoria di Francesco Casale, il giornalista isernino scomparso prematuramente da un anno. 

  Francesco Casale

L’evento di ieri pomeriggio ha catalizzato l’attenzione dell’ordine dei giornalisti e di numerosi esponenti politici, regionali e comunali, oltre ai vertici delle principali istituzioni. L’incontro dibattito importante e di forte attualità, in memoria di Francesco: “Il circuito mediatico giudiziario: quando l’inchiesta diventa fiction”. Non vorrei catalizzare l’attenzione sulle risultanze del dibattito e gli illustri relatori che vi hanno partecipato. E’ un altro l’aspetto che vorrei portare all’attenzione per delle riflessioni.


Ho conosciuto Francesco Casale, da bambino avevo 12 anni e abitavo in Via Marcelli ad Isernia, nelle immediate vicinanze di Piazza dell’Annunziata. Iniziammo subito a frequentarci. Si parlava della storia di Isernia, veniva spesso con mappe realizzate da lui su un presunto anfiteatro romano che doveva giacere interrato nei vicoli a ridosso di Piazza del Purgatorio. Era lì che passavamo dei bei pomeriggi a chiederci e a rafforzare le convinzioni che le abitazioni disposte nei vicoli, in quel luogo a semicerchio, erano state costruite rispettando la curva dell’anfiteatro sottostante.  

Il grande rispetto e ammirazione che egli nutriva per suo cognato, l’Arch. Franco Valente, credo che era già da allora stimolo per la ricerca storica, sfociata successivamente per Francesco nel giornalismo. Non ci siamo mai persi di vista nel corso degli anni, anche se le nostre strade si erano divise, per poi ritrovarci colleghi: l’amicizia e il passato non si possono cancellare. Non si possono cancellare, nemmeno episodi e denigrazioni, che spesso gli stessi colleghi, schierati politicamente, di parte avversa a quella di Francesco, osavano fare su di lui, sul suo aspetto fisico corpulento e su quello che commentava.

Francesco, lo sapeva che ad una cospicua parte dei colleghi non era simpatico e si comportava di conseguenza, con i mezzi saluti di circostanza, alzando solo la testa senza nemmeno pronunciare un ciao, quando li incontrava nelle conferenze stampa ed eventi che catalizzavano l’attenzione dell’informazione.
Era il suo modo di difendersi da chi nell’ombra lo denigrava. Sapeva difendersi bene comunque, sia a parole che con un’ottima scrittura; era puntuale nel criticare  le beghe della politica con analisi veritiere e riscontrabili.

Uomo di sinistra, non sinistro come qualche collega si dimostrava con lui. Sottoposto ad una vita di precariato continuo nella sua professione che sapeva svolgere ottimamente, senza mai un riconoscimento, una gratificazione lavorativa che gli potesse garantire uno stipendio sicuro, mentre tanti colleghi molto meno capaci, rivestivano ruoli di prestigio anche nel servizio pubblico, in quanto schierati politicamente con il potere costituito.

La sua vita privata senza un dato stabile concreto e soddisfazioni reali, in questa città che ha negato a lui e a tanti valenti giovani la possibilità di realizzarsi: “lo ha ammazzato”. In un lasciarsi andare di giorno in giorno, pur esprimendo con la sua voglia di scrivere, di esser parte attiva del pensiero politico della sua città, della sua regione. Quella mancanza di affetti concreti e veritieri, che non vuoi solo dalla famiglia, ma dalla società che ti riconosca per quello che sei veramente, un uomo degno di avere un lavoro stabile e ben retribuito. No, questo è stato negato a Francesco, come a tanti colleghi che oggi come ieri vivono di precariato e dei miseri 5 euro ad articolo.    

Giungendo ieri pomeriggio in Piazza Celestino V°, ho trovato tanti colleghi,  anche quelli che nel corso degli anni non si sono comportati proprio da amici con Francesco, anzi,  tutt’altro. Erano lì tutti pronti a sottoscrivere la tessera di appartenenza all’associazione sorta a suo nome. Tutti a plaudire alla sua gloria postuma, anche se in vita era per loro scomodo, seppur sapiente professionista.

Non è facile da digerire quel falso spirito compassionevole che ieri hanno dimostrato alcuni colleghi con la loro presenza inopportuna a incensare la sua memoria, per quelle dimostrazioni esclusivamente di facciata che servono a identificarsi nel branco. Oppure, spero che sia questa l’ipotesi giusta: a sottoscrivere la tessera, per farsi perdonare per quei comportamenti non ortodossi nei confronti di Francesco che è da un anno nella luce della verità.

                                                                                                                          Pietro Tonti


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