domenica 5 ottobre 2014

Appalti, Cgil: serve cambio sostanziale, le proposte del sindacato



Riduzione del numero delle stazioni appaltanti e delle centrali di spesa; lotta al massimo ribasso; individuazione di una 'dimensione sociale' della riforma del codice appalti; applicazione del contratto 'prevalente' contro il 'Far West'; una legge di iniziativa popolare che dia garanzie ai lavoratori impiegati nelle filiere degli appalti. 


Questi in estrema sintesi i punti centrali della proposta della Cgil per “determinare un cambio sostanziale in tema di appalti”, elencati dal segretario confederale, Franco Martini, nel corso del seminario 'Direttive europee in materia di appalti pubblici' promosso dal sindacato alla presenza, tra gli altri, del numero uno di corso d'Italia, Susanna Camusso, e del presidente dell'Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone.

Un tema, quello al centro dell'iniziativa della Cgil, che rientra appieno nel dibattito sulla riforma del mercato del lavoro: “Se la sfida che ci viene lanciata con la riforma del mercato del lavoro - ha precisato Martini - è definire una nuova politica del lavoro fondata sulla parità dei diritti, sulla qualità del lavoro e su una maggiore certezza di prospettive occupazionali, tutto ciò non può prescindere da un salto di qualità nella politica degli appalti”. Questi ultimi, infatti, “sono prevalentemente sinonimo di destrutturazione del ciclo produttivo, di sfruttamento del lavoro, di assenza di diritti, di inquinamento dell’economia. Sarebbe impensabile riformare il lavoro in Italia, senza imporre una diversa politica degli appalti e per questo ci siamo attrezzati di proposte”.

Un seminario promosso dal sindacato nella fase di recepimento delle direttive europee in materia. Questione, ha spiegato il segretario confederale Cgil nella sua relazione introduttiva, “non indifferente come avverrà, se dobbiamo e vogliamo cambiare verso alla politica degli appalti”. Unitariamente il sindacato ha giudicato positivamente l’obiettivo di ridefinire un corpo normativo aggiornato, armonizzato con l’Europa ed ispirato a regole di trasparenza e qualità. “Più nello specifico - ha aggiunto Martini - abbiamo condiviso la scelta di procedere ad una revisione complessiva del Codice dei contratti pubblici attraverso un disegno di legge, bloccando il proliferare della decretazione, che negli ultimi anni ha introdotto più di 150 modificazioni al Codice e al Regolamento, producendo una disarticolazione assolutamente funzionale al tentativo di aggirare regole e normative”.

Da qui le proposte del sindacato, come la riduzione del numero delle stazioni appaltanti e delle centrali di spesa. “Attualmente - ha motivato il sindacalista Cgil - abbiamo oltre 30 mila stazioni appaltanti ed altrettanti centri di spesa. Il sistema degli appalti si trova quindi letteralmente imprigionato dentro inesorabili sabbie mobili”. Semplificare le procedure è quindi cruciale non solo per sburocratizzare “ma anche al fine di esercitare un controllo sui finanziamenti pubblici e sulla qualità della spesa, richiamando alla propria responsabilità la stessa Pa”. Così come nelle idee del sindacato c'è la lotta al massimo ribasso, “a favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa”, e la sfida per una “dimensione sociale” della riforma. Ovvero, ha spiegato Martini, “tutti quegli aspetti che riguardano il coinvolgimento delle parti sociali e le condizioni economiche ed occupazionali degli addetti. In particolare, le cosiddette clausole sociali, decisamente bersagliate dallo spirito liberista che ha attraversato in queste stagioni sia la produzione legislativa, che la contrattazione”.

Ultimo punto, ma centrale nelle proposte del sindacato, l’individuazione del contratto da applicare. “Ormai ci troviamo in presenza di un vero e proprio Far West - ha detto il sindacalista -, dove il contratto che si applica risponde esclusivamente all’obiettivo della riduzione dei costi del lavoro, o meglio, del salario, generando un fenomeno dumping tra le imprese, che va a penalizzare quelle che hanno scelto di non oltrepassare la frontiera della legalità”. La Cgil propone quindi “che venga introdotta una norma che disponga alle stazioni appaltanti di indicare con certezza, in relazione alla categoria prevalente e già in fase di bando di gara, quale sia il contratto da applicare”.

Quattro punti che sono però solo alcuni dei titoli “delle tante osservazioni fatte dai sindacati, quelle che potrebbero essere definiti i pilastri portanti di un codice degli appalti più moderno, efficace e finalizzato a rendere stabile e qualificata l’occupazione”. Il tutto nella consapevolezza che il punto dirimente rimane la “frontiera della legalità e della lotta alla penetrazione malavitosa nell’economia”. Anche per questo, il lavoro della Cgil sugli appalti è parte della campagna che il sindacato guidato da Susanna Camusso ha lanciato sulla legalità (“Legalità: una svolta per tutte”) e sulla Pa (“Riformo IO! Per una Pubblica Amministrazione al servizio del cittadino”). Infine Martini ha fatto spare che la Cgil avanzerà una proposta di legge di iniziativa popolare in materia di garanzia dei trattamenti dei lavoratori impiegati nelle filiere degli appalti pubblici e privati. “Lo scopo è di ripristinare una piena garanzia di trattamenti dei lavoratori, attraverso la responsabilità in solido del committente, modificando, quindi, la norma della Fornero che era intervenuta negativamente in materia”, ha concluso.

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