giovedì 17 luglio 2014

Sanità: il calvario di una paziente tra Veneziale di Isernia, S.S. Rosario di Venafro, Cardarelli di Campobasso e l’ospedale Civile di Castel di Sangro

La vicenda di Enrica 50enne (nome di fantasia che garantisce la privacy di questa signora). Salendo su una sedia per effettuare delle pulizie domestiche, Enrica  perde l’equilibrio e cade rovinosamente a terra.



Non può muoversi, la caviglia e la tibia hanno subito un forte trauma, si teme per la rottura dell’arto. I familiari prontamente l’accompagnano al pronto soccorso di Isernia. Dopo un’attesa di oltre 3 ore, ecco che riceve le prime cure. Da una prima osservazione, si evidenzia che vi è la rottura della tibia, confermata dalle successive radiografie, con l’aggravante di una frattura scomposta dell’arto. L’Ortopedico gli modella un gambaletto di sostegno, in attesa di essere sottoposta ad intervento chirurgico per ricomporre l’arto, (questo non può avvenire ad Isernia, in quanto non vi è un reparto adeguato ad interventi di ortopedia). I sanitari iniziano il giro delle telefonate per la disponibilità dei posti letto, tra gli ospedali, ove vi è un reparto di Ortopedia in grado di intervenire sulla nostra paziente.

Al S.S. Rosario a Venafro vi è disponibilità, ma Enrica non se la sente di essere condotta in quel nosocomio, ha sentito parlare di due morti recenti, dovute presumibilmente alla mancanza del reparto di rianimazione, voci di corridoio al Veneziale, la sconsigliano: se succede qualcosa rimani sotto i ferri! Si tenta al Cardarelli a Campobasso, ma non vi sono posti disponibili, sembrerebbe che molti pazienti sono in corsia nel reparto di Ortopedia in attesa di un posto letto. La strada ultima prima di arrendersi al S.S. Rosario è l’ospedale Civile di Castel Di Sangro. E’ venerdì pomeriggio, dal nosocomio sangritano avvertono che potrebbe liberarsi un posto il lunedì successivo, vi è solo un piccolo elemento estremamente significativo, pur disponendo di due posti in rianimazione, il reparto di Ortopedia non ha disponibilità di portantini e per questo motivo si consiglia di portarsi un familiare che possa sostituirsi ad un infermiere e stare vicino al paziente, sia negli orari diurni che notturni.

Il dolore incalza e non può evitare di essere condotta al S.S. Rosario. Ed ecco che Enrica giunge a Venafro, gli viene somministrato un antidolorifico e per tutta la giornata del sabato e della domenica,  viene totalmente ignorata, in un ambiente che lei descrive surreale, soprattutto di notte tra lo “Shining” di Stanley Kubrik e la desolazione di “The Day After Tomorrow”di Nicholas Mayer. Il lunedì mattina l’Ortopedico, si presenta e vuole sottoporla immediatamente ad intervento chirurgico.

Alla domanda della paziente: dottore disponete di un reparto di Rianimazione?

La risposta è stata negativa: no, non c’è più, confermando in parte le voci precedenti, che assumono veridicità ed estrema paura per la sua incolumità Enrica, non ha avuto il coraggio di farsi operare, ha firmato le dimissioni e ha terminato il calvario a Castel Di Sangro, dove nel giro di 24 ore è stata sottoposta ad intervento e dimessa.

Una testimonianza reale di come da un lato, si tenta di salvare il salvabile, dopo anni di smantellamento progressivo dell’ospedale di Venafro e l’estrema pericolosità, rappresentata da un reparto che non può garantire le cure basilari per i degenti, ponendo in discussione la vita stessa delle persone ricoverate.

E’ il caso di continuare a persistere sulla salvezza ad oltranza di reparti non più funzionali allo scopo principale di salvaguardare i malati, animati forse, solo dal tentativo di salvare i posti di lavoro degli operatori della sanità?

P.T.

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