martedì 8 luglio 2014

Lettera indirizzata al Papa da Marco Condidorio dell'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti

LETTERA A PAPA FRANCESCO.

Pubblichiamo alcuni stralci della lettera scritta da Marco al Santo Padre consegnata nel giorno dell'apertura dell'Anno Giubilare Celestiniano. La scelta di questa pubblicazione, condivisa con Marco, nasce dalla consapevolezza che in quel giorno in Molise si sono manifestate delle ingiustizie che hanno colpito in modo particolare proprio le persone maggiormente fragili: ciechi, sordi e persone fortemente debilitate nei movimenti e di salute cagionevole.



Scrive Marco "Ciao Santo Padre, questa lettera è la prima che scrivo a un Capo di Stato e in particolare ad un uomo così speciale come te, sicuramente l’ultima; il desiderio di farlo, se pure io sia l’ultimo tra le persone ad averne diritto,nasce per dare voce a chi, come il sottoscritto vive nella cecità fisica più totale; il desiderio di scrivere questa lettera è quasi invisibile di fronte ai mali che affliggono il nostro pianeta, eppure Santo Padre a rendere grandi i mali che feriscono questo nostro mondo,  hanno origine dal cuore e dalla mente di pochi uomini, che a loro volta però influenzano altri sino a rendere il loro pensiero, il loro guardare il mondo con occhi ammalati, delle pericolose verità, ferendo e distruggendo tutto ciò che di sano appartiene a ogni uomo.

Il mio nome è Marco, vivo in questa terra da oltre 18 anni, mi sento molisano; qui ho incontrato la mia famiglia e ho creduto nella mia natura di uomo desiderando un figlio, oggi quasi quindicenne, il suo nome è Mattia, il nome della mamma è Marilena, mia moglie.
Perché Santo Padre ho deciso di scriverti?

Perché oggi la venuta qui in Molise del Santo Padre ha reso visibili alcune ingiustizie tra persone disabili, creando disabili di serie “a” e disabili di serie “b” e “c”. La tua venuta qui in Molise Santo Padre rappresenta gioia e speranza, fiducia in un riscatto per le persone più fragili, invisibili di fronte agli occhi della società civile perfetta. Santo Padre, tu sei il Pastore di questa grande comunità, della Chiesa. La Chiesa è fatta di uomini Santo Padre, uomini che sbagliano e allontanano dalla fede quegli uomini un poco più fragili; persone che vivono sulla propria pelle la cecità e che, oggi Santo Padre, avrebbero voluto sfiorarti le mani, sentire la tua voce di fronte ai loro volti, poterti rivolgere un pensiero di fiducia, una preghiera..."

Le ingiustizie, le forti disparità fra persone fragili, le ha causate una disorganizzazione reale da parte di chi pensando di voler privilegiare i più fragili ha di fatto in modo confusionario e spesso poco trasparente colpito quelle fasce sociali che si erano affidate agli organizzatori e/o ai gestori dei fatidici "PASS". 

Ce ne sono stati per tutti i tipi, di tutti i colori, e per ogni situazione; qualcuno più vicino, molti lontano. I ciechi, per esempio, nonostante le pressanti richieste rivolte alla Curia, in particolare di Campobasso, ma anche a quella di Isernia, sono stati sistemati in zone limitrofe.

E, alla richiesta di chiarimenti, la frase è sempre stata la stessa: "le disabilità sono state trattate tutte allo stesso modo". Grande bugia! Perché aldilà delle transenne lungo la strada, dentro le Chiese, sotto i Santi occhi di Papa Francesco, vicino al palco, sono stati collocati i cosiddetti "ammalati", tanto per capirci i disabili in carrozzina e non solo loro, sicuro però non c'erano i ciechi, i sordi e anche tanti altri disabili motori.

I sordi sono stati posizionati lontani, tanto non sentono! I ciechi, come detto sopra, sono stati i più sistemati in zone assolutamente periferiche al luogo ove parlava il Santo Padre.

Scrive ancora Marco: " ... Ed invece cosa hanno fatto taluni uomini di chiesa,molti della politica, quella di palazzo; cosa hanno preteso i detentori del potere sociale per gli “ultimi”… Santo Padre che volto ha la giustizia sociale? Lo sguardo di chi? Certo non quello del potere economico, della politica corrotta che si ammanta di lusso e prepotenza, di inganno e immagine. Questi uomini, pochi per fortuna, hanno posto gli “ultimi”, ciechi, sordi, lontani o in zone poco dignitose, a loro detta, per lasciare altri luoghi a giornalisti, persone sicuramente importanti, ma in grado di essere auto sufficienti; mentre i ciechi no ...".

In un passaggio significativo della lettera si legge: " ... Tu, Santo Padre, puoi aiutarci a cambiare questa mentalità, che nella Chiesa ha fatta sempre la differenza tra ciechi assoluti e persone in carrozzina, loro sempre ai primi posti, vicini al Santo Padre, noi agli ultimi posti, tanto siamo ciechi e quindi non degni dello sguardo del Santo Padre a pari dei fratelli infermi o disabili motori.
Aiutaci Santo Padre a costruire una nuova mentalità sociale che consenta a chiunque di potersi formare professionalmente, culturalmente al pari dei fratelli detti normo-dotati...Grazie per essere venuto in questa terra dimenticata dal cielo e prima ancora dagli uomini, resa invisibile dall’egoismo di quei pochi che ne sfruttano le splendide risorse naturali e umane...".

Il dolore di tutte le persone che avrebbero voluto sfiorare il Santo Padre con le proprie mani, con le proprie labbra, con il proprio volto; che avrebbero desiderato ardentemente di poter sentire la sua voce in modo chiaro e diretto
 è grande, è infinito e resterà permanente nel tempo, quasi a sfiorarne l'eternità. E' un dolore che nasce dal male, dal male di chi è cieco, è sordo ed è immobile dinnanzi alla propria idea di disabilità, alla propria idea di giustizia, alla propria idea di partecipazione.

Marco nella lettera parla della Chiesa fatta di uomini, ma lo sguardo è rivolto anche al mondo della politica che ha preteso e voluto giocare il ruolo inadeguato, ma prepotente, della "prima donna". Determinando disparità tra persone disabili, del mondo dell'informazione, della politica, della Chiesa stessa. Tutto ciò, scrive Marco a Papa Francesco, causa l'allontanamento, fa si che ci siano uomini che si sentano dimenticati dalla Chiesa e per questo se ne allontanano.  

Marco nella seconda parte  della lettera rivela al Santo Padre un proprio sogno e chiede di essere sostenuto nella realizzazione di questo suo desiderio,  citando molti casi di cittadini molisani, di famiglie, di persone fortemente colpite nel corpo e nell'anima e rese ancor  più fragili dall'ambiente e dalla situazione economica.

Si rivolge al Santo Padre nella speranza che possa comprendere come la realizzazione di questo sogno significherebbe il riscatto non solo per le persone fragili, disabili, ma per i tanti giovani in cerca di lavoro per un percorso di crescita professionale, umano e sociale. 

La lettera al Santo Padre è giunta scritta in codice Braille con spillata una busta chiusa dove dentro è stata inserita la stessa scritta in nero.

Noi dell'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti ci siamo stretti tutti attorno all'esperienza meravigliosa vissuta da Marco, nell'incontro diretto , personale ed intimo con il Santo Padre. Lo abbiamo voluto fare con gioia, trasparenza e passione. perché attraverso la sua caparbietà, la sua resistenza, la sua forza alcuni ciechi - pochissimi a dire il vero rispetto a quelli che avrebbe voluto Marco - hanno potuto sfiorare le mani di Papa Francesco, hanno potuto sentire la sua voce.

"Conosco e riconosco del mondo e tutto ciò che mi circonda solo se mi parla, mi sfiora, verbalizza la propria presenza ai miei sensi, all'udito, all'olfatto al tutto. Tutto ciò che non si manifesta ai miei sensi, per me, come per qualsiasi persona cieca assoluta, resta assolutamente invisibile, silenzioso, non percepito, dunque assente".

L'Ufficio stampa
UICI Molise

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