lunedì 20 febbraio 2012

Ombre, oggetti che si spostano da soli e la tragica storia del «marchesino» nel maestoso castello di Fumone

Rocca di Fumone
Il leggendario e millenario castello dei marchesi Longhi de Paolis di Fumone, in provincia di Frosinone, da secoli ricordato come il luogo dove il papa molisano Celestino V, al secolo Pietro Angelerio da Morrone, perì dopo aver scontato la pena a causa della sua rinuncia storica al pontificato.






Era il 19 maggio del 1296 quando il 192esimo papa «che fece per viltade il gran rifiuto», come lo ricorda Dante Alighieri nei celebri versi del III canto dell’"Inferno", lasciò per sempre la vita terrena proprio all’interno di una delle stanze di prigionia della celebre roccaforte di Fumone. Infatti, la cella dove visse papa Celestino V per quasi un anno come attestano i documenti e fatti dell’epoca, è diventata nel corso dei secoli come il luogo più gettonato e visitato da migliaia di turisti provenienti da ogni parte del mondo, per rendere omaggio a questo piccolo ma grande uomo di fede cristiana. Eppure il castello di Fumone è conosciuto anche per alcune sue storie «sinistre e oscure» che ruotano intorno a questo tipico monumento medievale costruito forse nella prima metà del XI secolo. Storie di spettri, porte che si chiudono da sole, rumori di piccoli passi e lamenti terrificanti di una madre disperata dirigersi soprattutto di notte verso la stanza dove sono custodite le spoglie di un bambino morto misteriosamente a soli cinque anni. Piccoli resti che liberamente si possono vedere all’interno di una delle tante stanze del castello, chiuso ermeticamente in una teca di cristallo, il corpicino imbalsamato di Francesco Longhi detto il «marchesino di Fumone». La sua presunta morte in tenera età forse per una grave malattia incurabile, visto l’epoca in cui egli è vissuto, rimane tutt’ora un vero e proprio mistero. Come per il castello di Montebello, in provincia di Rimini, famoso quest’ultimo per la leggenda tetra del fantasma storico di Guendalina Malatesta nota a tutti con il nome di Azzurrina, la bambina nata albina cioè con i capelli bianchi e poi sparita nel nulla durante il solstizio d’estate del 21 giugno del 1375, anche la storica roccaforte di Fumone è conosciuta per lo spettro del marchesino dal «volto di cera». Per raccontare meglio questa tipica trama di un romanzo gotico, torniamo indietro con la macchina del tempo, nei primi anni dell’Ottocento quando la marchesa Emilia Caetani Longhi, dopo otto parti di solo femmine, finalmente diede alla luce in tarda età, l’unico erede e figlio maschio. Secondo i fatti dell’epoca, in casa Longhi tutti erano felicissimi del lieto evento tranne per le sorelle che vedevano il loro amato-odiato fratellino come il rivale e unico erede in assoluto di tutto il patrimonio. Infatti, per non essere dilapidate dai beni di famiglia, quest’ultime decidono insieme di pianificare un piano diabolico contro il marchesino. In che modo. Eliminarlo atrocemente senza farsi accorgere.
Celestino V
Ucciderlo giorno per giorno, lentamente e all’insaputa di tutti, servendosi come arma del delitto, dei piccoli pezzettini di vetro mescolati dentro il cibo oppure avvelenarlo. Questo crudele piano per disfarsi per sempre del fratellino andò avanti per pochi giorni fino a quando il piccolo all’improvviso accusò dei forti dolori allo stomaco. Purtroppo le condizioni di salute del marchesino peggioravano. Ogni giorno che passava era un patibolo per la madre assistere giorno e notte alle sofferenze del figlio e non sapendo che dietro si nascondeva la malvagità delle otto figlie che gioivano invece per l’imminente morte del marchesino. Difatti così fu quando il medico non fece altro che constatare il decesso del piccolo marchese ridotto «pelle e ossa» a causa dell’avidità ossessiva delle sorelle. La leggenda ci racconta che la marchesa per sua volontà volle che il suo adorato figliolo, dopo le esequie religiose non fosse assolutamente seppellito e dissipato sottoterra, ma imbalsamato dimodoché ogni giorno poteva recarsi da lui e di adorarlo come se fosse ancora vivo. Accudirlo e prendendolo ancora in braccio. Un appuntamento che si ripete puntualmente ogni notte anche dopo la morte della marchesa stessa riguardo il suo spettro visto appunto gironzolare proprio in quella stanza dove si trova tutt’ora il corpicino mummificato del figlio prediletto. Passi, piccoli sussurri notturni e di colpo si vede una sagoma di una donna vestita di nero che tiene stretto stretto tra le sue braccia, un bambino. Questa è la spettrale leggenda di «borgo» del fantasma inquietante della marchesa che non ha mai abbandonato, neanche da morta, quella stanza dei ricordi eterni del piccolo marchesino. Un amore materno senza tempo. Uno spettro che veglia gelosamente il suo piccolo fanciullo, imbalsamato quest’ultimo con tecniche «misteriose e oscure» da un medico ignoto e morto, secondo un’antica leggenda dell’epoca, da una terribile maledizione. Apri il mobiletto e ti trovi di fronte un reliquario del XIX secolo arricchito con corredi e giocattoli del suo tempo, come se il marchesino ancora vive in quelle stanze dei segreti del castello. Forse è proprio questo il mistero degli spettri di madre e figlio, uniti entrambi da un forte legame ultraterreno che da oltre due secoli infestano la fortezza di Fumone. Oggetti che si spostano da soli senza che nessuno li tocchi, voce di bambino oppure delle strane ombre viste svanire nel nulla da persone che hanno visitato per la prima volta la roccaforte dai «mille segreti». Forse si tratta dello spirito birichino del marchesino che si diverte a giocherellare nelle stanze ambigue del castello maggiormente udibili nella camera dove il piccolo Francesco Longhi trascorreva la maggior parte del tempo. Ninna nanna cantate dall’oltretomba di notte, pianti disperati di un bambino provenire da chissà dove e sagome per lo più di giovani donne coperte da un velo viste vagare principalmente nelle stanze ignote dove il piccolo ereditiero della famiglia Longhi, forse vi morì dopo una lunga agonia. Se è vero o non riguardo ciò che è stato detto in passato sulla presunta presenza, per alcuni immaginaria, del fantasma del marchesino, il castello di Fumone, nasconde tutt’oggi, soprattutto per gli amanti a caccia di fantasmi, di nuovi misteri ancora da scoprire come il tipico detto popolare sull’origine del nome che «Quando Fumone fuma, tutta la campagna trema».

Claudio Esposito

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